Chiunque abbia un gatto non ha bisogno di prove scientifiche, sempre più evidenti, che le fusa rilassano non solo chi le fa ma anche chi le riceve. Ma si va decisamente oltre con i «gatti volontari» negli ospedali, infermieri nonostante la cattiva fama di aggressivi predatori che ancora scontano i felini da salotto. In base ai disturbi, si ricorre a cavalli, asini, cani, conigli. Adesso anche a loro.
È la prima volta in Italia, e una delle prime al mondo, che i gatti sono protagonisti in ospedale di quella che ormai è nota come pet therapy. Accade a Milano da un anno ed è momento di bilanci, perché i piccoli pazienti tra i sei mesi e i quindici anni che sono stati aiutati a star meglio sono più di mille, tra gli ospedali Niguarda e Fatebenefratelli. La scelta è caduta sui Ragdoll, razza selezionata negli anni '60 per il temperamento molto docile.
Al Niguarda ci si è concentrati sui piccoli in attesa di una visita o in ospedale per ricoveri brevi. Ogni martedì si presentano gatti in una stanza loro dedicata: ieri erano due, una lady di otto anni che si lascia accarezzare come un peluche e un gatto più attivo che preferisce strusciarsi, per la gioia dei pazienti che li coccolano e «diventano anche rispettosi e pazienti, perché imparano a capire i tempi dei gatti e a coglierne le differenze di carattere» spiegano gli organizzatori di Frida's Friends. È stato il valore sperimentale del progetto a ottenergli il sostegno di Royal Canin.
Al Fatebenfratelli, dove i gatti aiutano bimbi ricoverati per tempi lunghi, anche per disturbi alimentari, il rapporto è ancora più stretto: si attende il giovedì, quando arrivano nelle camere. E sì, anche in ospedale salgono sui letti.
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