D’Alema garantista ma per sé

Massimo D’Alema, toccato nel vivo, dice, oggi, sull’Unità, quello che ci saremmo aspettati che avesse detto nei quattordici anni che ci precedono e che partono dal fatidico ’92, Tangentopoli e dintorni.
Cosa dice? Il presidente Ds fa una requisitoria da garantista allo stato puro. «Siamo l’unico Paese al mondo - afferma D’Alema - in cui leggendo su un giornale di proprietà della famiglia del premier la trascrizione illegittima dell’intercettazione telefonica di un leader dell’opposizione, anziché scattare su e denunciare lo scandalo, l’attentato alla democrazia, si discute del contenuto delle telefonate».
Il giornale di cui parla D’Alema, se non fosse chiaro, è questo. Vorremmo solo far notare che i giornali che hanno pubblicato fiumi di intercettazioni non hanno mai avuto «bacchettate» dal signor D’Alema. Anche in questo si sveglia un po’ tardi. Ma andiamo al nocciolo della questione. Il garantismo sta proprio in questo: nel verificare sempre, non solo quando il fatto riguarda se stessi o persone che ci interessano, se prima ancora del contenuto si siano rispettate le forme, le procedure, i regolamenti, in una parola i diritti dell’accusato. Tutte forme che, nel diritto, sono sostanza. Questo D’Alema lo sa perfettamente, ma una cosa è saperlo e l’altra è farlo. Oggi lo fa, ma su se stesso.
Per anni avremmo voluto non parlare subito dei contenuti dell’accusa ma gridare allo scandalo, «all’attentato alla democrazia» proprio perché il non rispetto delle forme è attentato alla democrazia. Anche qui il presidente dei Ds ha ragione, ma non solo per lui.
Evidentemente, in questo campo, non vale quella regola etica che è prima di ogni ideologia, che ha un’origine antica e che ha attraversato tutta la storia del pensiero umano. Si tratta della famosa regola d’oro: non fare agli altri ciò che non vorresti che fosse fatto a te. Alcuni l’hanno anche girata al positivo: fai agli altri ciò che vorresti che fosse fatto a te. Per la giustizia la regola d’oro è fondamentale perché, semplicemente, fa sì che ci siano alcune regole che vanno bene per tutti perché rappresentano l’interesse di tutti. È una logica originaria, semplicissima, anche un po’ utilitarista: rispetto le regole nella ragionevole certezza che le rispettino anche gli altri. Tra le regole ci sono le garanzie: il segreto istruttorio è una di esse. Ma anche qui: è colpevole il quotidiano che pubblica o forse prima sarebbe da condannare chi offre al giornale delle pagine che recano le trascrizioni delle intercettazioni illegittime?
La presunzione di innocenza che, certamente, tutti dicono di voler garantire ma, poi, ove la magistratura la violi, in pochi decidono di parlare perché, magari, la stessa magistratura ha colpito un nemico. Il garantismo non consente di sgarrare perché lo sgarro, molte volte (ed è il caso di Massimo D’Alema), ricade su se stesso.
Attendiamo fiduciosi la prossima occasione nella quale sarà colpito dalla stessa circostanza un «nemico» di D’Alema. Vedremo cosa dirà. Vedremo cosa farà. Vedremo se e cosa dichiarerà. A noi, lo abbiamo già scritto, della sua barca, dei suoi mutui non interessa un fico secco: faccia quel che vuole e ne parli con la sua base, con quelli che scrivono le lettere contro di lui all’Unità.

La cosa non ci riguarda.
Ciò che ci riguarda sono solo le regole che devono valere per tutti e il rispetto delle garanzie è una di esse. Il Giornale su questo si batte da tanti anni, anche quando l’onorevole D’Alema tergiversava o taceva.

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