Massimo D'Alema da giovane andava a Cuba a lezione da Fidel. Qualche anno prima aveva lanciato le bottiglie molotov (lui stesso ne ha parlato). Così, tanto per giocare a fare la rivoluzione. Da buon comunista tutto d'un pezzo ha sempre avversato il socialismo. Troppo morbido per lui. Crescendo si è spostato su posizioni moderate, più per ragioni di opportunismo che per convinzione. Il crollo del Muro non lo ha trovato impreparato. Con Occhetto è stato l'artefice di un bizzarro quanto strampalato esperimento da laboratorio: il Pci, il più grande partito comunista di tutto l'Occidente, si è riciclato nel Pds. Un cambio di nome e di facciata, ma non di sostanza. Il nuovo partito, infatti, si è guardato bene dall'assimilare i valori e gli ideali del socialismo democratico europeo. Col passare degli anni D'Alema è diventato presidente del Consiglio, approfittando del ribaltone di Rifondazione comunista e dell'ingresso nella maggioranza di un manipolo di parlamentari cossighiani. Pur essendo vicepresidente dell'Internazionale socialista - di cui il Pds entrò a far parte dopo il via libera di Bettino Craxi - oggi D'Alema prende le distanze dalla grande famiglia politica europea: dice a chiare lettere che il socialismo è una "storia conclusa, superata". Sia perché superata dall’esperienza politica in Europa, sia perché in un mondo globale, dove l’Europa rappresenta solo una "porzione sempre più piccola" della politica, vengono avanti movimenti progressisti che non hanno una tradizione socialista.
Ma cosa propone D'Alema? Per lui i socialisti europei devono compiere una "svolta radicale", fare una "scelta coraggiosa" ed uscire dalle "barriere ideologiche" per diventare protagonisti del nuovo movimento progressista globale. L'ex premier, già ministro degli Esteri, tuttora tra i più influenti dirigenti del Pd, ne ha parlato durante un seminario organizzato dal Pd dal titolo emblematico "Socialdemocrazia eclisse o rilancio?". Il ragionamento del presidente del Copasir è partito da una domanda di fondo: "Come promuovere una nuova strategia o una nuova identità in grado di creare le condizioni per una nuova stagione progressista?".
Dopo aver sottolineato che "il modello socialdemocratico è ormai tramontato anche in Europa", D'Alema sottolinea che occorre fare una severa autocritica dal momento che in Europa la socialdemocrazia è stata sconfitta sia da un punto di vista politico che "antropologico". Pur ammettendo che, dati alla mano, i socialisti hanno vinto in Danimarca, e secondo i sondaggi, potrebbero affermarsi anche in Francia e in Germania, per D'Alema occorre lo stesso un cambiamento. Lo dice a chiare lettere: "Emerge la necessità di una riflessione critica sul passato per non commettere di nuovo gli stessi errori", quelli della terza via, che si è spinta troppo verso il liberalismo, ma anche quelli della resistenza del vecchio socialismo ortodosso. Insomma, Massimo D'Alema, l'ex dirigente del Pci che non ha mai preso le distanze dal comunismo, anziché recitare il mea culpa per il proprio imbarazzante passato rottama l'unica esperienza di sinistra che, nel mondo, ha prodotto qualche risultato. Senza averne l'età né la spinta innovatrice scimmiotta Matteo Renzi.
Poi, forse rendendosi conto del rischio che corre segando l'albero su cui sta comodamente appollaiato, prova a salvarsi in corner e suggerisce di "lavorare a un'alleanza tra progressisti e moderati". Sai che novità. E il candidato premier? Bersani, non si discute. Insomma, sempre la solita minestra ulivista... E meno male che il socialismo era "storia passata".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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