Dalle bombe delle navi inglesi ai medievali proiettili «di stoffa»

Dalle bombe delle navi inglesi ai medievali proiettili «di stoffa»

Nessuno si aspettava che arrivasse dal mare, il micidiale attacco che colpì Genova la mattina del 9 febbraio 1941: gli orologi segnavano le 8.14 e la Renown, britannica capofila della Forza H, da una distanza di 19 km dalla costa genovese iniziò il bombardamento navale. È lo stesso ammiraglio Sommerville a scrivere nel rendiconto dell'operazione Grog: «Lo spettacolo di Genova era quasi drammatico», intuendo la portata della rovina che lui stesso stava per scatenare.
Sulla città e sul porto piovvero trecento tonnellate di bombe, vomitate dai 14 cannoni da 381 delle due navi corazzate e dai 12 pezzi da 203 dell'incrociatore, che sparavano in corsa a 18 nodi e ritmo serrato. Il fuoco durò 31 minuti e colpì 254 caseggiati ed edifici pubblici tra cui il Palazzo dell'Accademia Ligure di Belle Arti, la Biblioteca Berio, il Molo, la Cattedrale di San Lorenzo, l'Archivio di Stato e l'Ospedale Galliera. Alcuni di questi luoghi custodiscono ancora nelle fondamenta residui di bombe inesplose, testimoni di una ferita che solo in superficie, con la recente sistemazione dell'Acropoli di Sarzano, è stata cancellata dal volto di Genova.
Una Genova che si trovò impreparata a un simile attacco, disponendo di un apparato difensivo inadeguato rispetto ai rischi e programmato principalmente contro le incursioni aeree. Continua Sommerville nel suo rendiconto: «La sola reazione delle difese di Genova fu il tiro di una batteria da 152 mm e dell'antiaerea diretto conto il nostro ricognitore. In entrambi i casi il tiro fu del tutto inefficiente».
Di quella mattina Antonino Ronco, scrittore, giornalista e fra i più noti storici della Liguria, ha voluto raccogliere le più significative testimonianze, dalle fotografie ai grafici usati dalla DICAT (Difesa Contraerea Territoriale), ai ricordi brucianti di chi quel giorno lo visse sulla pelle, agli articoli di giornale scritti mentre ancora si scavava tra le macerie. Attorno alla rievocazione del 9 febbraio 1941, l'autore imbastisce un corollario di eventi analoghi accaduti nella storia della Liguria, dal Medioevo fino all'Ottocento. Sono infatti le vicende militari del Settecento e dell'Epoca napoleonica le aree di maggiore esperienza di Ronco, insignito di vari premi tra cui il «Caffaro d'oro», il «Dante d'argento» e il «Valentino Gavi» del Comune di Genova. La mattina quel terribile 9 febbraio 1941 funge da «filo rosso» che l'autore traccia lungo la storia, ricordando gli attacchi che la Superba subì da invasori di diverse epoche: dal catastrofico bombardamento del 1684 ad opera della flotta del Re Sole, alle «serenate alla Keith», ossia i bombardamenti notturni degli inglesi durante l'assedio di Genova del 1800 (fulcro della Seconda Campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte).
Ma prima che nascessero le bombe, a Genova toccò la bizzarra sorte di essere bersagliata da proiettili rivestiti di stoffa rossa, durante il Medioevo, forse per scherno o forse in onore del comandante pisano Rosso. Una prospettiva inconsueta per un saggio storico ha dunque scelto Ronco, che procede secondo un criterio analogico e non strettamente cronologico.


Un'analisi trasversale lungo la storia di Genova per ricordarne le ferite, quelle più lievi accanto a quelle più profonde, perché il dolore di una città in guerra è lo stesso in ogni epoca.
Antonino Ronco, «Dossier: Genova 9 Febbraio 1941, 300 tonnellate di bombe a colazione», De Ferrari Editore, Pagg. 188, € 20

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