Dimostrano coerenza e lucidità quei partiti, piccoli e medi, che pongono come rivendicazione principale il ritorno a un sistema elettorale in qualche modo proporzionale. Casini e Follini sanno benissimo che è soltanto attraverso questa riforma elettorale che possono agevolmente sviluppare il loro disegno di scomporre le due coalizioni, il centrodestra e il centrosinistra, e realizzare altri disegni, non so se più vicini al passato della prima Repubblica o a un futuro dai contorni incerti e problematici.
Da parte mia sono sempre stato scettico sulla possibilità di conciliare il sistema elettorale proporzionale con il mantenimento del bipolarismo. Tutte le volte che veniva formulata una tale ipotesi, anche all'interno della Casa delle libertà, ho scritto per mettere in guardia sul fatto che la riforma avrebbe accelerato la fine di quell'equilibrio bipolare che, per quanto rozzo e inefficace, ha rappresentato dal 1994 la più importante e significativa conquista istituzionale della democrazia italiana.
È stato opportunamente notato da Angelo Panebianco che la sfida centrista lanciata da Casini e Follini nei confronti di Berlusconi ha «poche idee» mentre è fortemente tesa a rimettere in gioco l'alleanza di centrodestra in vista della sconfitta elettorale. È facile prevedere che, nel deserto di proposte alternative a quelle che attualmente connotano i due schieramenti, l'Udc terrà fermissima soltanto la richiesta di cambiamento in senso proporzionale della legge elettorale da portare a termine in questo scorcio di legislatura. Se Berlusconi vuole tenere agganciati Casini e Follini alla Casa delle libertà, non ha che da far passare la riforma proporzionale, consapevole però che all'indomani delle elezioni si apriranno prospettive politiche nuove e alleanze diverse da quelle fin qui seguite.
Si vedrà se sono buon profeta, o meglio, buon analista quando sottolineo che, oggi, il sistema elettorale è il nodo decisivo per capire l'evoluzione della politica italiana. Se viene mantenuto o perfezionato il maggioritario (anche con modifiche), la dinamica bipolare, per quanto imperfetta, conserverà la sua forza. Se, invece, si accederà a una riforma (o controriforma) proporzionale, inevitabilmente si tornerà a un sistema basato sul centro con diverse e svariate possibilità di combinazioni.
Questa previsione non nasce dall'ideologizzazione dei sistemi elettorali che sono sempre e solo degli strumenti per ottenere dei fini politici, ma si basa sulla lettura dei movimenti che sottostanno alla realtà politica d'oggi. I conflitti in corso nella Casa delle libertà non riguardano contrapposti programmi politici o divaricate visioni della società bensì le questioni, tra loro connesse, della leadership, delle alleanze, del ruolo dei partiti e delle prospettive politiche in un'eventuale vittoria di Prodi.
I proporzionalisti vogliono fortemente tornare a un sistema frammentato in cui le alleanze e i giochi possano essere decisi in parlamento piuttosto che dall'elettorato. Ritengono che occorra indebolire la leadership carismatica che nasce dall'investitura popolare a favore di una maggiormente fondata sulla mediazione politica tra i partiti ben identificati per ideologia, tradizione e organizzazione. Hanno l'idea del partito identitario pesante che si organizza ben al di là delle funzioni istituzionali negli organismi rappresentativi locali e nazionali. Non hanno paura della frammentazione se serve a potenziare i singoli partiti.
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