Danni e furti, proteste per i lavori al cimitero

Silvia Villani

Finito il festival del cinema di Venezia, verrebbe da pensare che Sesto San Giovanni si candida per ospitare la rassegna dei film horror. Ma, purtroppo, quanto succede al lotto A del cimitero nuovo dell’ex Stalingrado d’Italia non è finzione.
Da alcuni giorni gli operai del Comune guidato dal diessino Giorgio Oldrini sono al lavoro per riesumare le salme dei sestesi deceduti negli anni Settanta. Poco è bastato però perché ruspe ed escavatori facessero gridare allo scandalo. Negli uffici comunali, sulle pagine telematiche della pubblica amministrazione e nella guardiola del custode del camposanto di piazza Hiroshima e Nagasaki, le lamentele dei cittadini non si contano. Attoniti per come gli operai stanno conducendo i lavori, i sestesi chiedono a gran voce maggior rispetto per i defunti. Le lapidi divelte e, in buona parte, distrutte sono abbandonate qua e là. Le foto e i vasi per i fiori hanno fatto la stessa fine. Nel mezzo dell’area verde, solo le macerie delle tombe. Inesistente la recinzione tanto che molti genitori hanno deciso di non portare i più piccoli al cimitero almeno fino a quando tutto sarà tornato alla normalità.
Durante il fine settimana inoltre alcune tombe sono rimaste parzialmente aperte diffondendo tutto intorno un odore molto forte che fa affrettare il passo ad anziani e famiglie in visita ai loro cari.
E non sono solo le riesumazioni a scatenare le ire dei sestesi. Nelle gallerie dove ci sono i loculi le luci non funzionano, le corone di fiori vengono lasciate marcire, negli ultimi giorni alcuni sconosciuti hanno iniziato a fare razzia di lumini, vasi e piante. «Con tutto quello che si paga per morire a Sesto - spiega Giulio F. - mi sarei aspettato un trattamento diverso.

Ho chiesto più volte spiegazioni in Comune che mi ha invitato a rivolgere le mie lamentele al custode. Peccato che in Comune mi ci avesse mandato proprio lui». Incredula un’anziana si guarda intorno e cerca il mazzo di fiori portato sulla tomba del marito il giorno prima. «Non c’è più», spiega sconsolata.

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