GinevraUn italiano, anzi due, in posizioni chiave a Wolfsburg, Germania, dove ha sede quella Volkswagen che si prepara a diventare il primo costruttore di auto al mondo. Sono Walter de Silva, capo del design di tutto il gruppo, e Luca De Meo, responsabile marketing della marca Vw. Il primo è in azienda da 11 anni, il secondo da pochi mesi. Il Giornale li ha messi uno di fronte allaltro al Salone di Ginevra.
Siete entrambi di provenienza Fiat. Cosa si prova a lavorare contro unazienda italiana di cui si è fatto parte?
De Meo: «Lavoro per unazienda che vuole diventare globale, non contro qualcuno».
De Silva: «Nel gruppo Fiat, dove ho speso metà della mia vita, ho visto passare gente con grandissime capacità che raramente è stata valorizzata. Molte di queste persone sono andate allestero. Questo è uno dei grossi problemi dellItalia: la fuga dei cervelli. Quanto a me, non ho fatto una scelta di campo o un colpo di testa. Ho semplicemente cercato di dare il mio contributo altrove».
Come pensate di aver convinto i tedeschi a ingaggiarvi?
De Silva: «Dopo aver visto una mia creazione, lAlfa 156, un signore austriaco (il presidente di Vw, Ferdinand Piëch, ndr) mi ha proposto di lavorare per lui. Ma non è stata una passeggiata. Mi sono fatto 10 anni di esami. E non è ancora finita».
De Meo: «Mi ha contattato il ceo Martin Winterkorn. Credo abbia apprezzato il mio lavoro su alcuni marchi, più che su singoli modelli. Daltra parte, una dopo laltra, ho lanciato Ypsilon, Musa, Grande Punto, Bravo, 500 e MiTo».
Non sarà che in Germania cominciano a parlare di clan degli italiani?
De Silva: «Winterkorn ha sempre detto che la creatività italiana unita allingegneria tedesca è una miscela esplosiva. E basta».
Arrivando a Wolfsburg, cosa colpisce di più della Volkswagen?
De Meo: «Che non vi è alcun dubbio sulla missione dellazienda: fare buone macchine e diventare i numeri uno. Cè determinazione e tanta dedizione da parte chi ci lavora. E io mi sento un po nel mio brodo».
Con quali obiettivi?
De Meo: «Vw si attende da me una spinta verso linternazionalizzazione e lintegrazione. Il mio obiettivo è creare una squadra capace di definire i processi e la direzione da seguire da parte delle varie marche».
Comè cambiato negli ultimi anni il marketing automobilistico?
De Meo: «Cè la tendenza a fare investimenti che abbiano un ritorno veloce. In Volkswagen, però, si lascia spazio anche alla costruzione del marchio. Altra tendenza è lapertura al dialogo con il consumatore. Bisogna dominare le nuove tecnologie e capire come vengono usate dallutente finale».
E lecologia? Può diventare una motivazione allacquisto o è solo una moda del momento?
De Silva: «Penso che laspetto ecologico delle vetture stia diventando molto rilevante. Un po lindustria e un po i media, ci stanno portando lì».
De Meo: «Le attese dei consumatori sono alte. Ora bisogna dimostrare la capacità di mantenere le promesse».
Quanto e come il design è condizionato dal marketing?
De Silva: «Oggi il design non è più autonomo. Tuttavia, posso dire che il marketing non mi condiziona affatto. Ci si confronta senza problemi, perché il marketing di Vw è fortemente orientato al prodotto».
De Meo: Il design è anche marketing, poiché per molte categorie di vetture è la principale motivazione allacquisto. Io, poi, sono un fan di de Silva fin da quando ero un ragazzino».
De Silva: «Si vede che ho una certa età».
Per tradizione, limmagine di Vw è di serietà, ma anche piuttosto grigia. Con De Meo al marketing e de Silva al design ci dobbiamo aspettare i fuochi dartificio?
De Meo: «Un bravo uomo di marketing deve capire i marchi e adattarsi. Inoltre, le situazioni possono variare molto da Paese a Paese. Vw, negli Usa, è una marca di nicchia, mentre in Brasile è al top, e in Cina è conosciuta per laccessibilità dei suoi prodotti, mentre in Europa compete con i premium. Ogni battaglia, dunque, è diversa, ma lobiettivo unico: creare un'estetica del marchio che lo renda riconoscibile, ne acceleri la notorietà».
De Silva: «Oggi i modelli Vw hanno una fisionomia coerente. Sono frutto di un product design che consente di individuarli come tali non appena vengono inquadrati negli specchietti retrovisori. Posso dire che siamo al 70% del nostro lavoro».
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