È uno dei pochi volti famosi della televisione dietro cui sta anche una grande testa. La sua cadenza toscana, per la precisione lucchese, e il temperamento ce lo fanno riconoscere per la mescolanza di toni dolci e improvvisamente furiosi, per poi tornare gentili. Mai per dire banalità. Parlo di Paolo Del Debbio. Ma stavolta non tratto del conduttore di talk-show di Rete 4, ma dello scrittore, insieme romanziere e saggista, che offre al pubblico un libro imperdibile, scritto divinamente e comprensibile per tutti, dove i due generi camminano insieme per farci compagnia nel riflettere su noi stessi e le nostre credenze. Lo scopo: uscirne un po' più consapevoli di chi siamo e a quale visione del mondo aderiamo, magari senza accorgercene. Il volume si intitola Siamo tutti filosofi senza saperlo- Sei storie di vita (Piemme, pagine 221, euro 17,90).
Mi viene subito da proporre un paragone con Luciano De Crescenzo (1928-2019) che spezzò il pane duro della filosofia rendendolo masticabile e digeribile per tutti, tanto che la sua Storia della filosofia greca ebbe un enorme successo di vendite. Mentre però il favoloso umorista napoletano di studi e mestiere era ingegnere idraulico ed elettronico, il brillante inventore di Dritto e Rovescio adempie alla sua vera vocazione: il filosofo e il teologo, proponendosi come guida nel groviglio delle nostre interiori passioni, dove appunto nasce la filosofia, e un po' anche la teologia, o nel mio caso - l'ateo-logia.
Per me, confesso, non è una sorpresa. Francesco Cossiga, la cui amicizia non cesso di rimpiangere, mi raccontò di aver incontrato Paolo Del Debbio, durante le sue consuete e nordiche vacanze estive, nella biblioteca di una abbazia, non ricordo più se inglese o irlandese. Erano lì entrambi a trovare il «silenzio interiore, ruminando» testi dimenticati o citati a vanvera. Mi rivelò che Paolo era senz'altro un ottimo giornalista, e un eccellente professore universitario di comunicazione, si intendeva di politica e aveva scritto benissimo i programmi di Forza Italia per la discesa in campo del Cavaliere nel 1994 (vedi il suo libro della scorsa primavera In nome della libertà- La forza delle idee di Silvio Berlusconi), ma in realtà avrebbe dovuto dedicarsi di più alla filosofia e alla teologia, campi in cui era un vero talento parola del Gatto Sardo - essendosi laureato con una tesi eccellente su Jacques Maritain (1882-1973), il filosofo preferito da Paolo VI (1898-!978). Del Debbio in quella vacanza studiosa si immerse come il presidente emerito nei testi del cardinale ottocentesco Henry Newman, che speravano entrambi fosse fatto beato. Cossiga, che con papa Ratzinger sostenne la causa, non ha fatto in tempo per un pelo, essendo morto il 12 agosto del 2010, a vederlo sugli altari (Benedetto XVI lo beatificò un mese dopo, Francesco lo dichiarò santo nel 2019). Non è una divagazione se ricordo che John Henry Newman (1801-1890), convertitosi dall'anglicanesimo al cattolicesimo, e dunque papista per definizione, sosteneva da credente liberale come loro: «Sono contrario ai brindisi prima o dopo i pranzi; ma se fossi costretto a farne uno e fossi posto nel dilemma di brindare al Papa o alla libertà di coscienza, brinderei a questa e non al Papa!».
Ecco: questo è il filo di Arianna seguito da Paolo in questo volume, usa la coscienza con libertà, per entrare nei casi della vita proposti nelle sei storie promesse dal titolo. Ognuna delle sue novelle vede per protagonisti due personaggi. Ciascuno di questi dodici è l'interprete attuale delle idee fondamentali su cui ciascuno di noi anche senza saperlo risponde ai quesiti posti dai grandi filosofi. 1- La persona, noi siamo qualcosa il cui destino è stabilito dal caso oppure siamo qualcuno e perciò liberi di sviluppare noi stessi e la società? Qui le filosofie predilette da Del Debbio sono quelle di Karol Wojtyla (1920-2005) e dell'ebreo Emmanuel Lévinas (1906-1995) , per cui noi diventiamo ciò che scegliamo, come Calogero, figlio del mafioso Pino, condotto alla verità di sé stesso da un maestro di scuola, da un poliziotto e da Pippo, un cane che gli tese una zampa.
Sugli altri sei quesiti e filosofi di riferimento vado più svelto, e non rivelo il finale: 2- Che cos'è il tempo? Siamo prigionieri del passato o possiamo viverlo come dimensione interiore? Vedi Sant'Agostino (354-430) e Sigmund Freud (1856 - 1939). 3- Abbiamo una coscienza, e in che cosa consiste? E l'autocoscienza? Possiamo scoprire chi siamo dentro le circostanze?- Ecco a chi somigliamo: a Tommaso d'Aquino (1724-1274) o a Jean-Paul Sartre (1905-1980). 4- Che cos'è il bene? Esiste un bene reale (morale universale) o ciascuno può inventarsi il suo (relativismo). Qui il riferimento è Immanuel Kant (1724-1804). Il quale e qui rivelo il pensiero di Del Debbio, che condivido intuisce e descrive raffinatamente due grandi regole: «Il cielo stellato sopra di noi; la legge morale dentro di noi». Il dovere non ce lo costruiamo con regole esteriori, ma ce lo portiamo dentro. Da cui l'imperativo morale: fa' quel che devi, accada quel che può.
5- La morte? Esiste ed è definitiva? È bene averne paura o è meglio l'indifferenza? C'è un aldilà o no? Epicuro propone una soluzione per liberarsi sia dalla paura della morte (quando ci sei tu, la morte non c'è; quando c'è lei, non ci sei tu), sia dal timore del dolore (se è forte dura poco...). Del Debbio sta con Karl Jaspers (1883-1969), filosofo esistenzialista. Che fa i conti continuamente con la morte, e il suo mistero, e crede nell'aldilà anche se non ne sa nulla. (Io sono certo almeno a tutt'oggi che da morti non siamo più niente, amen).
6- Infine, Dio. Esiste? E se esiste, sta sopra le nuvole, e dorme come i re Merovingi? O si occupa di noi? Paolo confessa di crederci. E fa riferimento al «grande teologo don Luigi Giussani (1922-2005)».
Dice Del Debbio che ciascuno di noi, anche se non lo sa, risponde a queste domande filosofiche. Senza filosofia non si può vivere. Si sarebbe come delle cose. Privi di umanità, che coincide con l'essere e diventare «qualcuno» ritrovando anche nel caos «il silenzio interiore».
La realtà spirituale esiste, e lotta insieme a noi. Il virtuale ci trasforma in zombie senz'anima. (Avvertenza: sia Paolo sia il sottoscritto abbiamo studiato con i preti e siamo loro riconoscenti. Entrambi ne siamo usciti sapendo che la vita è una cosa seria).
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