Per la sua prima fatica letteraria la stampa inglese ha speso tre aggettivi tra i più accattivanti (almeno per il popolo di lettori che ancora affolla le librerie): funny, wonderful and witty. Come a dire: un libro divertente, pieno di sorprese e arguto. E così adesso che fa bella mostra di sé anche nelle librerie di casa nostra, il primo romanzo di Marie Phillips (un passato come autrice televisiva e un presente come scrittrice di successo), può sfoggiare un pedigree di tutto rispetto (e di sicuro richiamo).
Nella versione pubblicata ora da Guanda (290 pp., 16,50 euro) svetta intanto un titolo davvero felice: «Per l'amor di un dio» (forse anche migliore e più efficace dell'originale «Gods behaving badly»).
E il romanzo prende le mosse proprio da due sostantivi del titolo. Si parla d'amore, ovviamente. E si parla di divinità. Non di entità spirituali da terzo millennio, magari intrise di quelle suggestioni e atmosfere da new age proprie del nostro tempo e tanto à la page. Bensi di divinità vecchie quanto la nostra cultura occidentale. Roba tipo: Giove, Afrodite, Apollo, Ermes e Dioniso. Insomma roba molto vecchia e polverosa. Non si tratta però di un romanzo mitologico (non solo, almeno). E le quinte sono quelle più inaspettate. Ci troviamo infatti nella Londra di oggi che - almeno secondo alcuni maestri del gusto e della moda - è altrettanto swinging di quella in cui trionfavano i Beatles. Già. Queste divinità, per molti scomparse e ormai presenti soltanto tra le pieghe polverose delle biblioteche, hanno scelto di vivere il loro (e il nostro) presente nella capitale del Regno Unito. Il motivo? Semplicemente perché Londra è molto cool. E ovviamente all'interno della metropoli hanno scelto di stabilire il loro quartier generale in una casa cadente in perfetto stile vittoriano in uno dei quartieri più chic: Hamsptead.
Marie Phillips conosce bene la cultura popolare, tanto che nel suo Paese è conosciuta e apprezzata quasi come da noi Maria de Filippi. Sa tutto di moda e di mode giovanili. La televisione e in generale lo spettacolo pop è il suo orizzonte di riferimento (i cui segreti sa sviscerare con gusto ed eleganza anche nel suo altrettanto popolare blog). Ed ecco che quindi «Per l'amor di un dio» può riuscire se non altro nel non facile compito di spiegare cosa erano e cosa facevano gli dei dell'antica Grecia. E cosa continuerebbero a fare se si credesse nella loro esistenza.
Ora esiliati nella vecchia Londra, hanno messo su una sorta di piccola comune. O di famiglia allargata. Anzi di grande clan familiare, per dirla tutta. Zeus ed Era, confinati al terzo piano, non vogliono avere molti contatti con gli altri inquilini. Artemide si è riciclata come dog-sitter. Ares, il dio della guerra, non ha mai un minuto libero in agenda (si sa, le guerre non mancano). Afrodite è bella come un tempo e spreca la sua bellezza e il suo talento erotico in una chat line. Nell'anglicana Inghilterra Eros non solo si è convertito alla fede cristiana ma ha scelto anche la confessione cattolica. Apollo cerca la fama in televisione e per vincere la noia va in giro a fare dispetti alle ragazze che non cedono alle sue lusinghe.
Come si vede non è il massimo del divertimento. Poveri dei, verrebbe da dire. Per fortuna entra in gioco un personaggio tutt'altro che romanzesco. Si chiama Alice e - una volta scoperto il dramma della disoccupazione e del precariato - decide di cambiare lavoro. Nonostante i titoli di studio mette su una piccola impresa di pulizie. Tanto piccola che ci lavora soltanto lei. E i suoi primi clienti sono proprio quei trasandati, disordinati e poco puliti inquilini della casa di Hampstead Heat. Alice è una ragazza onesta quanto ingenua e non si rende conto che il suo destino è in qualche modo legato alle bizze di Eros (che con le mani in mano non ci vuole stare, preferendo tenerle - le mani - su arco, frecce e faretra). Ed è qui il primo colpo di scena. Apollo perde infatti la testa (il senno non l'ha mai avuto) per questa ragazzetta, scialba e priva di personalità. Ed oltretutto fidanzatissima con un timido ingegnere di nome Neil.
L'amore dei due giovani viene contrastato da Apollo. E gli dei per una volta si trovano divisi in due fazioni: quelli che difendono i poveri ragazzi (Artemide in testa) e quelli che non possono non sentire forte il richiamo di appartenenza (un po' tutti gli altri). Da qui parte Marie Phillips per proporre un romanzo poco grottesco (la cultura pop di oggi non gradisce il genere) ma sufficientemente fantastico (visto il tema). E a tinte apocalittiche (quelle chi sa perché non passano mai di moda). Si tratta comunque di un romanzo divertente e di piacevole lettura. Gli dei hanno perso tutto l'aura che li caratterizzava, ma il loro appeal è sempre molto magnetico. Il romanzo può ricordare vagamente gli esiti «indiavolati» del «Maestro e Margherita» di Bulgakov. Anche lì il fantastico faceva la parte del leone. Anche lì la vita quotidiana di una stanca metropoli sovietica veniva scossa fin nelle fondamenta dalle incursioni di entità soprannaturali. Che diventavano personaggi, protagonisti, e comprimari di una coppia di «promessi sposi». Però lì il riso del lettore veniva provocato da una forte satira culturale e politica. Perché la necessità di scomodare Ponzio Pilato e Satana era dovuta essenzialmente all'urgenza di evidenziare l'oppressione politica in Unione Sovietica. Il clima di ottuso materialismo doveva insomma, in qualche modo (e il modo di Bulgakov è sicuramente efficace e letterariamente encomiabile), venir smascherato come una gigantesca ipocrisia (per tacere delle ingiustizie sociali del totalitarismo politico). Qui di ingiustizie (a parte i già citati dispetti maschilisti di Apollo) ce ne sono pochine. E la satira quindi non graffia.
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