LA DESTRA CHE RIFORMA

Fu, forse, una mossa anche elettorale quella di poche settimane fa quando un treno francese segnò un record mondiale di velocità a quasi 600 chilometri l’ora. Ma può essere anche un simbolo delle ambizioni di Nicolas Sarkozy che si possono riassumere, una volta tanto, in un solo verbo: accelerare. Il candidato della Destra per la successione di Jacques Chirac all’Eliseo ha insistito durante tutta la campagna elettorale ma soprattutto nei lunghi mesi che ne hanno preceduto l’apertura e che come ovunque sono stati i decisivi: a differenza dei suoi treni da primato mondiale, la Francia negli ultimi anni ha rallentato, ha perso parte del suo vantaggio, ha accentuato i suoi punti di ritardo, è stata o rischia di essere distanziata o sorpassata da altri attori sulla scena europea e mondiale.
Occorre dunque una scossa, delle riforme e non solo dei ritocchi, una sferzata di energia: qualità di cui Sarkozy par abbondare, in contrasto con il suo predecessore e leader nominale, con l’attuale primo ministro espresso dal suo stesso partito e soprattutto con i candidati e le idee della Sinistra. Forza a Parigi come altrove eminentemente conservatrice, quest’ultima difende in sostanza, al di là delle polemiche appassionate di Ségolène Royal, uno status quo in carattere con la peculiare tradizione francese ma in pericolo di risultare insufficiente di fronte alle sfide del nuovo secolo. Soprattutto in economia, ma anche nello stile di governo e perfino nell’impostazione «ideologica». Non solo in Francia ma ora anche in Francia tocca alla Destra proporre novità e impulsi riformatori.
Tale è del resto la ragione di esistere della Quinta Repubblica concepita da De Gaulle ormai mezzo secolo fa all’insegna appunto del dinamismo e del decisionismo presidenziali. La «accelerazione» che Sarkozy vuole imprimere di nuovo all’iniziativa politica dell’Eliseo. Non sarà facile. Le previsioni a questo riguardo sono meno univoche di quelle sull’esito delle elezioni odierne. Anche se resta importante in che misura il candidato della Destra prevarrà su quello della Sinistra, che negli ultimi anni, sotto la presidenza di uno Chirac sempre più indebolito dalle tentazioni compromissorie dopo l’illusorio plebiscito del 2002 ha riguadagnato terreno nelle votazioni locali e parlamentari. Ma quello che conta è la volontà, la decisione e il tono della campagna di Sarkozy lasciano ben sperare in proposito, imperniata com’è stata sull’adeguamento delle leggi e delle istituzioni a una globalizzazione che non è soltanto tariffaria o economica, su una più chiara scelta di campo nella politica estera e sul recupero di «valori» che nell’ultimo quarantennio si sono andati erodendo.


Una scommessa sul futuro plasticamente e polemicamente incarnata nella guerra dichiarata allo «spirito del Sessantotto». Se riuscirà anche solo in parte, la Francia tornerà a dare un esempio all’Europa, alla sua maniera inimitabile. Spingerà di nuovo sull’acceleratore del suo «treno».

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