Una destra riformista

«Insieme, tutto è possibile». La dichiarazione di Nicolas Sarkozy dopo la vittoria al primo turno è indiscutibile, dunque scontata. La realtà è differente: il 22 aprile 2007 i francesi non si sono messi assieme bensì separati e contati. E i conti di Sarkozy finora tornano, quelli dei suoi concorrenti no. Non c’è niente di sorprendente, sulla carta, in un candidato che arriva in testa con il 31 per cento dei voti, seguito da un altro con il 25,6 per cento. Di solito, anzi, i leader dei Due Grandi della politica transalpina, la Droite e la Gauche raccolgono di più al primo turno e gli uomini di centro di meno. Se potessimo ragionare in termini di proporzionale, François Bayrou potrebbe essere considerato un vincitore, con un interessante 18,5 per cento. Nella realtà egli è seccamente sconfitto in quanto è eliminato. La logica del sistema è questa e non è una brutta logica né un brutto sistema. Se aggiungiamo il deludente risultato di Jean-Marie Le Pen (ai minimi della sua lunga carriera di candidato perenne all’Eliseo e probabilmente all’ultima spiaggia) e la diminuzione complessiva delle liste di Estrema Sinistra che cinque anni fa causarono il collasso della candidatura di Jospin, l’eliminazione dei socialisti e una finale Destra-Destra che non poteva non risolversi in un plebiscito per Jacques Chirac, ci troviamo di fronte a un quadro semplificato ma coerente con l’intera storia della Quinta Repubblica e con la stessa ragione d’essere della sua rifondazione da parte di Charles de Gaulle. La Destra e la Sinistra, non l’Estrema Destra e l’Estrema Sinistra, non il Centro. È così dal 1958.
Eppure è diverso, perché in un certo senso si sono invertiti i ruoli: è la Destra ora a proporre cambiamenti e riforme, la sinistra a difendere lo status quo. Prima scegliendosi Nicolas Sarkozy per portabandiera e poi collocandolo in testa al primo turno nel voto popolare, gli eredi del gollismo hanno confermato di sapersi rinnovare più in fretta degli avversari o dei concorrenti. La sigla sotto cui Sarkozy disputerà la «finale» del 6 maggio, Ump, è la stessa con cui Chirac era stato confermato all’Eliseo cinque anni fa, ma i contenuti sono, nei punti essenziali, altri. Chirac rappresentava la Francia di un suo Compromesso Storico (molto meno ambiguo di quello che ogni tanto si ripropone in Italia), più coerente con la sua storia, sintetizzabile nella formula del «social-gollismo». Una destra che agisce in primo luogo attraverso lo Stato, e dunque privilegia l’ordine nella continuità, in sostanza nella convinzione che il «sistema francese» sia comunque il migliore se non l’unico possibile e proponibile.

Con Sarkozy il gollismo non rovescia ma modifica alcune delle sue priorità in campo economico e sociale, rilanciando il ruolo del privato e riducendo quello del collettivo, accettando la sfida della globalizzazione nella speranza di poterle dare un «volto francese». I giochi non sono fatti, ma la proposta è stata varata. Restano due settimane per discuterne.

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