"Al diavolo dinero: Milan" Tifosi in delirio per Dinho

Il brasiliano ha rinunciato a 10 milioni per essere rossonero. Galliani voleva mollare, è stato frenato da una telefonata di Berlusconi

"Al diavolo dinero: Milan" 
Tifosi in delirio per Dinho

Milanello - Quella frase pubblicata sul libro di Fabio Volo dev’essergli rimasta scolpita in testa. «Non conta quanto aspetti ma chi aspetti» ripete con le pause giuste Adriano Galliani. Si addice, su misura, al Milan e alla sua storia con Ronaldinho, atteso due anni e ieri accolto come un reuccio, a Milanello e dintorni. Per tacere della febbre registrata negli uffici della biglietteria di San Siro: 4 mila abbonamenti sottoscritti in 40 minuti sono un piccolo record. «Al suo apparire, s’è levato un ruggito dalla folla» riferisce Mauro Suma direttore di Milan Channel che vive da un paio di giorni tre metri sopra il cielo di Milano con tutto il popolo vestito di rossonero. In cinquemila ieri a intasare le stradine del varesotto e a cantare la canzoncina coniata dai napoletani per Maradona, «oh mama mama mama, sai perchè...». Non conta quanto aspetti, d’accordo. Basta sentire la frase ufficiale di Silvio Berlusconi, ieri a Roma: «È costato un sacco di soldi però ne valeva la pena». Basta vedere la faccia di Adriano Galliani e Gandini, di Ariedo Braida e di Leonardo, persino Ancelotti che pure è persona misurata: hanno tutti il sole in tasca. «Eppure c’è stato un momento in cui stava saltando tutto, e non per gioco» racconta in disparte Adriano Galliani mentre assiste al bagno di folla del Gaucho. «Laporta mi dice che non vuole più parlare con de Assis, io chiamo il presidente Berlusconi e lo informo che voglio tagliare la corda, uscire dalla trattativa, il prezzo si sta alzando troppo. E lui al telefono: “No, Adriano, non mollare ora, portalo a casa, mi sono esposto troppo”» il colloquio riservatissimo, la svolta di una serata piena di cifre che vanno e vengono, appaiono e scompaiono come le carte di un prestigiatore. «Ronaldinho ha rinunciato a una montagna di soldi, perciò sono convinto che farà bene qui da noi. Non avesse avuto la motivazione grande di arrivare fino al mondiale del Brasile nel 2014, avrebbe accettato il faraonico contratto del Manchester City» spiega il vice Berlusconi senza addentrarsi nel dedalo di numeri che luccicano ancora. Dieci milioni la rinuncia complessiva di Ronaldinho, sostanziosa anche quella del fratello Roberto de Assis: in qualità di agente avrebbe potuto pretendere dal Barcellona il 15% dalla somma versata dal Milan. Simbolica l’espressione di Ronaldinho utilizzata per rompere gli indugi e volare verso Milano. «Fanculo dinero: Milan» l’ordine passato al fratello, vestito in modo più acconcio e pronto a giurare fedeltà eterna alla maglia rossonera. «Qui si avvera un sogno, qui vogliamo restare per sempre» detta Roberto de Assis ad alcuni cronisti brasiliani saliti fino ai prati verde smeraldo di Carnago per celebrare l’evento.

C’è stato un altro rischio, passato sotto silenzio. Il rischio che il venerdì precedente, quelli del Milan, spiazzando tutti, ma forse anche il futuro, passassero da Adebayor o Ronaldinho al ritorno di Shevchenko. «Ora posso confermarlo: quel giorno andai a Portofino e raggiunsi Abramovich, che era al largo del Tigullio, e gli chiesi Shevchenko offrendogli 15 milioni di euro. Fosse arrivato lui, non ci sarebbe stato posto per un altro acquisto» confessa Galliani prima di decretare chiuso il mercato in entrata, alle viste solo le cessioni di Paloschi e Abate in prestito, e di Simic (definitivo). «A un certo punto mi son chiesto: se torno senza Ronaldinho a Milano da dove passo per entrare a Milanello?» ripete ossessivo Galliani, quasi raccontando l’incubo vissuto martedì sera a Barcellona, nei frenetici passaggi tra l’albergo e gli uffici del Camp Nou. In quel clima da autentica torcida, ci può anche stare l’idea pazza di una presentazione spostata a Ibiza, al Pacha, locale della movida spagnola. «Che ne dici, Dinho?» la proposta passata all’interessato durante il volo da Barcellona a Malpensa. «Bellissimo». Perciò il Milan si specchia adesso nell’accoglienza dell’ultimo reuccio del calcio-spettacolo. «Siamo orgogliosi di aver visto passare dalle nostre parti 12 Palloni d’oro» risponde appuntito Galliani.

«Non è un demerito allestire una squadra con grandi giocatori» insiste. Adesso che Ronaldinho è qui, per pochi giorni, e la missione può dirsi compiuta, tutta la responsabilità passa sulle spalle di Ancelotti. «Lo affidiamo in buone mani» chiude Galliani. Buona fortuna, Carletto.

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