Caro Direttore, la notizia che ieri mi ha colpito e fatto riflettere non riguarda l’economia né la politica e nemmeno lo sport, ma il risultato di un’indagine svolta in Inghilterra sulle principali cause di separazione e divorzio. In vetta alla classifica, stando ai dati ufficiali, non c’è più iltradimento,che è passato al secondo posto, cedendo il passo alla noia. Dico noia perché questa parola riassume tanti significati: anche il senso di estraneità e di indifferenza che può rendere insopportabile la vita a due.
Scrivo a lei, Direttore, non perché l’abbia scambiata per uno psicologo, un medico dell’anima, un confessore: vorrei semplicemente confrontarmi con qualcuno della redazione e magari con i vostri lettori. Si dà infatti il caso che io sia alla seconda esperienza matrimoniale. La prima fallì per questioni di corna. La seconda esperienza, che va avanti da sei anni, sta facendo la stessa fine ma per motivi diversi: la mia attuale sposa da qualche tempo mi infastidisce. Non sempre; però spesso. Perdoni la franchezza: mi irrita quando alza la voce per esprimere concetti che si potrebbero dire con tono sommesso o almeno normale. Mi irrita se si soffia il naso. Mi irrita se starnutisce. Mi irrita perché a letto è irrequieta, si gira, si rigira per l’intera notte.Perché ha il respiro pesante. Perché è polemica. Perché si trastulla col telecomando e cambia canale ogni tre minuti. Mi irrita perché porta tacchi troppo alti e cammina male, rigida come un baccalà. Perché parla solo di lavoro e cita per nome i suoi colleghi che non conosco, e pretende che la segua in ragionamenti che mi sembrano deliranti o stupidi. Lei stupida non è, intendiamoci; all’università era più brava di me e si è laureata prima benché abbia la mia stessa età. Non è stupida, dicevo, ma a me sembra tale. Comunque non la reggo più.
Talvolta come nei filmati tv di terza categoria, dormo sul divano: sapesse che sollievo fumare quanto mi pare in attesa del sonno! Mi sta montando in testa l’idea di andarmene o di buttarla fuori di casa, che d’altronde è mia. Immagini: discutiamo anche se si tratta di andare al cinema o al ristorante; non riusciamo a metterci d’accordo neanche sul film da vedere o sul menu. Qualche volta mi interrogo: che sia diventata così perché ha un altro? E mi rispondo: magari, si mettesse con lui. Insomma, se mi tradisce chissenefrega. Tra l’altro,raramente facciamo l’amore e, se capita, lo facciamo svogliatamente. È un compito, non un piacere. All’inizio, i primi due o tre anni, eravamo pieni di premure l’uno per l’altra, rispettosi, affettuosi,garbati. Poi la convivenza, la routine o non so che hanno rovinato tutto.
Il primo matrimonio, quello che si è rotto a cornate, era a fasi alterne un paradiso e un inferno. Io allora avevo trent’anni e ora ne ho 47. Lei ne aveva 25. Era bella ed elegante, ma anche io non ero male (le manderò una foto). Eravamo innamorati e abbiamo messo al mondo una bimba, che non è stata la causa del disastro. Le spiego. Le donne mi sono sempre piaciute e, nonostante il matrimonio, di tanto in tanto, spesso, mi concedevo qualche scappatella. Così, per variare. Caro Direttore, sarà capitato anche a lei di battere la cavallina. Allora. Per un pezzo l’ho fatta franca, poi mi ha beccato: maledetto telefonino. E sono stato costretto a confessare: «Massì, è vero, però ti giuro era la prima volta ». Balle. Però cosa vuole, cercavo di minimizzare per ridurre i guai al minimo.
Mi aspettavo che il battibecco sfociasse in una bega mostruosa e, invece, lei esplose in una risata isterica. La guardai esterrefatto per capire cosa stesse succedendo. Tornò seria e mi disse: «Siamo pari».
Cioè? «Ti ho tradito anch’io». Speravo scherzasse, o che desiderasse punirmi insinuandomi sospetti. Non scherzava. Afferrò il telefonino e con calma affettata prese a pigiare i tasti finché non mi porse il cellulare. Sul display c’era un messaggio d’amore, firmato Dario, che rivelava consuetudine di rapporti. Mi si annebbiò la vista. Sudore freddo. Tachicardia. Capogiri.
Sprofondai in poltrona. Un dolore atroce che non so descrivere. Poi reagii e la tempestai di domande come fossi un pm. Avevo bisogno di sapere tutto. E lei a spizzichi e bocconi, attaccò a raccontare a grandi linee. Ma io pretendevo i particolari, anche quelli intimi. Lì per lì era riluttante. Ma le mie pressioni la indussero a fornirmi dettagli, forse per sfinimento. Fui colto dalla disperazione, ma una disperazione strana, in quanto accompagnata da una poderosa eccitazione. Che la contagiò. Fummo travolti da una ventata di erotismo rabbioso più che appassionato.
Stringo. Per un anno vivemmo come in trance. Io raccontavo le mie avventure (che inventavo), lei le sue. Una perversa complicità che lentamente ci distrusse. Perché ad ogni amplesso sfrenato seguiva una lite furibonda. Consumati dalla gelosia, giungemmo al capitolo conclusivo. Una sera mi disse di avere un appuntamento. Non resistetti alla tentazione di pedinarla. Scese dalla sua macchina e salì su quella di un tizio. E io dietro e debita distanza. Giunsero a Settimo Milanese ed entrarono in un motel. Con gli occhi pieni di lacrime tornai a casa, feci le valigie, mi recai da mia suocera a salutare la bambina e chiesi ospitalità a mia madre. Mi ero illuso che mia moglie avesse organizzato quel gioco crudele per compiacermi; ero talmente obnubilato e concentrato su me stesso da non valutare la realtà più evidente. A lei non perdonavo ciò che perdonavo a me.
Per alcuni anni campai male. Gli alimenti da versare a mia moglie dimezzarono il mio pur ottimo stipendio. Ero vuoto dentro. Poi conobbi quella che avrei sposato. Una storia tranquilla, piacevole nella sua piattezza. Non so capacitarmi: poco dopo decidemmo di unire le nostre vite persuasi fosse lo sbocco naturale di un amore così così. Non l’avessi mai fatto. La tenerezza di lei si trasformò ben presto in arroganza. E adesso sono qui a scrivere a lei perché non so da che parte girarmi. Se mollo anche questa sono rovinato economicamente. Se non la mollo muoio di disgusto. Se faccio l’amore con un’altra devo pensare alla prima moglie altrimenti non mi eccito e non combino nulla.
Conversando con colleghi e amici,mi sono accorto di non essere un’eccezione. I discorsi sulla famiglia e i suoi valori inalienabili li sento ipocriti. Il matrimonio è una schifezza o no? Chiedo conforto e magari di essere illuminato. Mi può aiutare lei col suo Giornale a rimettere ordine nella mia testa?
Osvaldo A.
Caro signor Osvaldo,
il mio curriculum sentimentale non mi consente di dispensare consigli. Qualcuno direbbe: senti da che pulpito viene la predica.
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