Droni e navi da guerra: così Pechino può distruggere la flotta Usa

I droni e le navi senza pilota fornirebbero dunque all'esercito cinese una "rete di distruzione" altamente efficiente e a basso costo sulla quale fare affidamento per fronteggiare gli Usa

Droni e navi da guerra: così Pechino può distruggere la flotta Usa
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Gli scienziati cinesi del China Ship Development and Design Centre (CSDDC) e dell'Università di Scienza e Tecnologia di Huazhong hanno realizzato una battaglia simulata per studiare cosa potrebbe accadere tra un cacciatorpediniere Type 055 di Pechino, ovvero una delle più grandi navi da guerra al mondo, e una flotta navale statunitense in avanzamento comprendente otto cacciatorpediniere di classe Arleigh Burke. Il wargame, ambientato nel Pacifico occidentale, a poche centinaia di chilometri a est di Taiwan, ha mostrato come il mezzo cinese, da solo, potrebbe essere in grado di avere la meglio sul nutrito gruppo di rivali. Certo, come detto stiamo parlando di scontri virtuali, ma ci troviamo comunque di fronte all'ennesima dimostrazione dell'ambizione della Cina di voler cambiare la natura del conflitto marittimo. In che modo? Tramite l'uso su larga scala delle cosiddette unmanned weapons.

Navi e droni: l'ultimo wargame cinese

Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, nel wargame la Cina ordinava al cacciatorpediniere Type 055 e a due navi madri senza equipaggio di avanzare e rilasciare 32 droni e 14 imbarcazioni senza equipaggio. In tutta risposta, la flotta Usa lanciava 32 missili antinave stealth Tomahaw e LRASM, tutti puntati contro l'unica nave da guerra cinese. Rilevando i missili in arrivo - missili avanzati ma costosi, con un prezzo medio di oltre 3 milioni di dollari ciascuno - le piattaforme senza pilota collaboravano con il citato Type 055 per respingere l'attacco.

Risultato? Il cacciatorpediniere cinese rimaneva illeso mentre le imbarcazioni senza pilota potevano ancora ontare su abbastanza munizioni per resistere alla successiva ondata di offensive. I droni e le imbarcazioni senza pilota fornirebbero dunque all'esercito cinese una "rete di distruzione" altamente efficiente e a basso costo, ha spiegato il team organizzatore della battaglia simulata guidato dall'esperto di intelligenza artificiale, il professor Yu Minghui, in un articolo sottoposto a revisione paritaria pubblicato sul Chinese Journal of Ship Research.

La risorsa principale di queste navi menzionate da 607 piedi è il sistema di lancio verticale a 112 celle, che può schierare missili antinave (come l'YJ-18), missili antiaerei (HHQ-9) e missili da crociera (CJ-10), oltre a missili balistici antinave (YJ-21). Le navi Type 055 sono inoltre progettate con caratteristiche stealth e dotate di moderni sensori, sistemi di autodifesa e capacità di guerra elettronica.

Simulazioni virtuali

Nel corso di un'altra simulazione, effettuata dal North China Institute of Computing Technology (NCICT), il solito cacciatorpediniere Type 055 è stato attaccato da dieci missili antinave LRASM lanciati da diverse piattaforme. In particolare, l'AGM-158C Long-Range Anti-Ship Missile (LRASM) è una variante antinave del missile JASSM-ER, che può essere trasportato da aerei e lanciato da lanciatori Mk 41 VLS a bordo di navi o HIMARS a terra. Cosa è successo? Prima di affondare, la nave è riuscita a bloccare i sistemi di guida della maggior parte dei missili in arrivo, dando prova della sua abilità nella guerra elettronica. Da questa prospettiva, quella che inizialmente potrebbe sembrare una sconfitta imbarazzante per la Marina cinese potrebbe in realtà essere una dimostrazione della sua capacità di rilevare, tracciare e neutralizzare i missili antinave.

Lo stesso potrebbe valere per quanto accaduto qualche mese fa. A novembre gli analisti del People's Liberation Army National Defence University's College del Joint Operations and the State Key Laboratory of Intelligent Game di Pechino hanno analizzato uno scenario virtuale per capire se i caccia stealth controllati dal Giappone (o dagli Stati Uniti) fossero in grado di decollare da una delle basi controllate da Tokyo, superare il sistema di difesa aerea nazionale ed effettuare un attacco contro Shanghai. Sono stati realizzati dieci cicli di simulazione al computer e i risultati non hanno soddisfatto del tutto gli esperti.

Già, perché i caccia stealth giapponesi – sempre nelle ricostruzioni virtuali – potevano essere rilevati a 180 chilometri di distanza soltanto da alcuni radar terrestri. Altri dati registrati dagli analisti del Dragone.

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