Gli Usa spingono sul nuovo caccia di sesta generazione: a che punto sono i lavori

Tra lievitazioni di costi e ritardi, ci si aspetta comunque che l'aeronautica Usa deciderà entro la fine di quest'anno a chi affidare la costruzione del Ngad, il nuovo caccia di sesta generazione

Gli Usa spingono sul nuovo caccia di sesta generazione: a che punto sono i lavori
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Mercoledì, durante un forum online del Mitchell Institute for Aerospace Studies, il generale Kenneth Wilsbach comandante dell'Air Combat Command (Acc) ha riferito che si aspetta che la decisione finale su quale industria aeronautica costruirà il Ngad (Next Generation Air Dominace) – il caccia di sesta generazione – sarà presa dall'U.S. Air Force entro la fine di quest'anno.

L'anno scorso l'aeronautica statunitense ha pubblicato il bando di gara per il nuovo concetto aeronautico, che sarà una famiglia di sistemi che dovrebbe includere un aereo avanzato pilotato, droni gregari noti come Collaborative Combat Aircraft (già “loyal wingman”), un motore all'avanguardia e altro ancora, sottolineando che il contratto sarebbe stato assegnato nel 2024.

Come recentemente emerso, però, i progetti del Ngad stanno soffrendo di lievitazione dei costi: l'U.S. Air Force ha stabilito una revisione dei conti per la quale il velivolo così come progettato potrebbe essere a rischio, con la possibilità che si debba eliminare qualche caratteristica essenziale. Il problema è intimamente legato alle case produttrici in gara, come abbiamo già avuto modo di esaminare. Boeing è alle prese con importanti difficoltà determinate da una dirigenza poco accorta, mentre Lockheed-Martin è in difficoltà per l'allungarsi dei tempi di sviluppo dell'F-35. La partita è infatti a due, dopo che Northrop Grumman ha dichiarato, nel 2023, di ritirarsi dalla gara di committente principale.

Per contribuire a liberare fondi per finanziare lo sviluppo del Ngad, l’U.S. Air Force ha ripetutamente proposto di ritirare circa 32 F-22 “Raptor” della versione più vecchia (la Block 20) che ora non sono combat ready e che, secondo l'aeronautica Usa, sarebbero troppo costosi da riportare allo standard di combattimento.

Sempre mercoledì, però, il generale Wilsbach, in merito a questa possibilità, si è detto contrario, affermando che quegli F-22 sono una risorsa per l'addestramento dei piloti e in caso di emergenza possono comunque essere utili in combattimento.

In effetti l'U.S. Air Force ha bisogno di mantenere una linea consistente di velivoli da caccia come l'F-22, sia perché ne sono stati costruiti pochi rispetto a quelli originariamente previsti (solo 186), sia perché in questo periodo storico il velivolo è essenziale per mantenere la superiorità aerea in un ipotetico scontro con la Cina nel Pacifico.

Proprio nell'ambito di un possibile scontro nel Pacifico con la Cina, il Ngad diventa cruciale perché pensato anche per “bucare” le bolle A2/AD (Anti Access / Area Denial) cinesi, e per contrastare le possibili minacce aeree agli avamposti militari statunitensi nel Pacifico Occidentale, e ovviamente agli alleati che Washington ha nella regione.

In effetti, diversi war games effettuati anche dall'U.S. Air Force nei due anni passati, che riproducevano lo scenario di una guerra aperta con la Cina per Taiwan, hanno evidenziato come la vittoria statunitense – comunque a caro prezzo – sarebbe stata possibile solo con l'ausilio di strumenti non ancora in possesso delle forze armate Usa come il Ngad.

Il nuovo velivolo sembra quindi non nascere sotto una buona stella, pertanto l'avvio della sua produzione in serie, fissata a partire dal 2030 dal Pentagono, potrebbe essere spostato più avanti dal punto di vista temporale. Una buona notizia però c'è: la General Atomics sta ora costruendo il suo primo esemplare per il programma Collaborative Combat Aircraft a quanto pare utilizzando componenti originariamente realizzate per l'MQ-9 Reaper per accelerare il lavoro.

La società sta attualmente affrontando la Anduril e il suo “Fury” nella fase iniziale del programma, ma ci sono buone probabilità che entrambi i tipi entrino in servizio in modo complementare, stante la richiesta del Pentagono per 1000 macchine complessivamente di cui 100 nella fase iniziale del piano di acquisizione. Entrambe le aziende affermano che stanno facendo progressi, ma stanno anche affrontando sfide significative, soprattutto per quanto riguarda l’autonomia del drone.

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