A seguito della conclusione della Guerra Fredda le forze armate statunitensi hanno goduto di un periodo di supremazia durante il quale nessuna forza militare nel pianeta risultava in grado di contrastare adeguatamente la proiezione della potenza americana su qualsivoglia dominio. Negli ultimi anni la supremazia americana è tuttavia andata incontro ad un progressivo declino relativo nei confronti dei propri competitors, in particolare nei confronti della Repubblica Popolare Cinese.
Tale processo è stato determinato in particolare da due fattori: la crescita economica di Pechino e la moltitudine di impegni statunitensi. Sotto il primo aspetto, l’immane crescita economica cinese ha determinato un forte aumento delle spese per la difesa da parte di Pechino, il quale ha notevolmente incrementato le capacità combattive dell’Esercito Popolare di Liberazione. La Cina ha altresì beneficiato di minori costi del lavoro e dei materiali, nonché di bassi costi di mantenimento. Molti dei sistemi d’arma cinesi sono infatti di nuova produzione, a differenza delle controparti statunitensi, le quali sono spesso caratterizzate da un’età avanzata che rende i costi di mantenimento estremamente elevati.
In secondo luogo, gli Stati Uniti sono inseriti in un vasto sistema di alleanze esteso su tutto il globo. In virtù di ciò le forze armate statunitensi sono chiamate ad adattarsi ad una moltitudine di scenari passibili di verificarsi in numerose aree geografiche differenti. Ciò riduce notevolmente il grado di specializzazione dell’apparato militare americano per combattere in uno scenario specifico. Viceversa, Pechino ha potuto preparare le proprie forze armate per un singolo scenario, una guerra nello Stretto di Taiwan. In un tal contesto, la combinazione di fattori economici, del grado di specializzazione e della conformazione geografica del territorio, gli Stati Uniti si troverebbero in una condizione di netta difficoltà. Un’analisi di Reuters ha infatti indicato come Pechino si ritroverebbe di fatto avvantaggiata in molti dei possibili scenari per una guerra nello Stretto di Taiwan.
La barriera di droni
Sulla base di ciò, la risposta più logica da parte di Washington risulterebbe essere la formazione di una forza militare specializzata a combattere un conflitto convenzionale nello Stretto di Taiwan. Tuttavia, una tale manovra determinerebbe inevitabilmente una riduzione della capacità delle forze statunitensi di intervenire in altri teatri. Al fine di prevenire tale eventualità, l’Hudson Institute ha proposto una soluzione, la formazione di una hedge force. In gergo finanziario si definisce “hedging” una strategia volta a tutelare un investimento da possibili eventi imprevisti.
In ambito militare, le hedge forces rappresentano formazioni altamente specializzate atte ad agire dove la forza principale risulta carente. Una hedge force è altamente funzionale ad assorbire l’impatto di uno scenario bassa probabilità/elevate conseguenze, ossia avente scarsa probabilità di verificarsi, ma determinante l’insorgere di conseguenze molto rilevanti laddove avvenisse.
Con riferimento a Taiwan, l’Hudson propone la formazione di un corpo denominato Taiwan Bulwark Activation Force (TBAF). Il think tank suggerisce di schierare questa forza direttamente sull’isola o nelle immediate vicinanze. L’Hudson suggerisce di dotare la TBAF di un elevato numero di sistemi senza pilota a basso costo di tipo aereo e sottomarino in grado di infliggere pesanti danni alle navi da sbarco cinesi e alla loro scorta, espandendone la finestra di vulnerabilità e dando tempo alle forze taiwanesi e statunitensi di prepararsi per la fase successiva dello scontro.
La TBAF dovrebbe ovviamente risultare in grado di reggere alla devastante potenza di fuoco delle forze cinesi; pertanto, l’Hudson ritiene opportuno che sia equipaggiata con sistemi antiaerei montati su piattaforme galleggianti. In ultima analisi, gli esperti del think tank asseriscono che la hedge force dovrebbe operare entro specifici kill box che sfruttino a proprio favore la geografia di Taiwan, risultando localizzate nelle poche aree dell’isola dove è possibile lo sbarco.
Il collo di bottiglia
Nel corso della loro storia gli Stati Uniti hanno formato diverse hedge forces per far fronte a simili scenari. Un esempio è rappresentato dalla formazione delle forze speciali nel 1987. Ognuna di esse è stata designata per svolgere un compito specifico che le forze armate non erano funzionali ad eseguire. Esse sono poi state interate nelle forze armate, divenendone una componente strutturale. Durante la Guerra Fredda gli Stati Uniti preparavano strategie militari incentrate sullo “scenario peggiore”, le quali hanno avuto successo durante la Guerra del Golfo e i conflitti nell’ex Jugoslavia.
Tuttavia, tali confronti bellici hanno visto Washington operare contro nemici dotati di capacità combattive estremamente inferiori, incapaci di contestare alle forze statunitensi il controllo dei domini aereo e marittimo. Viceversa, un eventuale conflitto nello Stretto di Taiwan vedrebbe Washington opposta ad un avversario dotato di un coefficiente di potenza tale da negargli il controllo totale dei sudditi domini.
A tal proposito, la formazione di una simile hedge force inciderebbe su due elementi cruciali: l’effettiva esecuzione delle operazioni da parte cinese e la valutazione della migliore strategia da adottare da parte di Pechino. Sotto il primo aspetto, la TBAF potrebbe infatti frustrare i piani di invasione della Repubblica Popolare Cinese degradando le capacità della sua forza d’invasione dando contestualmente tempo alle forze statunitensi e taiwanesi di prepararsi per il successivo contrattacco.
In secondo luogo, data la presenza di una simile forza i vertici della Repubblica Popolare Cinese potrebbero ritenere i costi derivanti da un’invasione completa dell’isola eccessivamente elevati, preferendo optare per scenari meno distruttivi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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