Navi, basi militari e cantieri: la crescita della marina cinese che preoccupa gli Usa

Nel suo rapporto annuale al Congresso Usa sullo stato dell'esercito di Pechino, il Pentagono ha scritto che la Marina di Pechino ha ampliato la sua portata globale e si è spostata più regolarmente - e in massa - oltre le proprie acque regionali

Navi, basi militari e cantieri: la crescita della marina cinese che preoccupa gli Usa
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La Marina cinese (PLAN) sta continuando a fare passi da gigante. Non solo in termini quantitativi, e cioè per quanto riguarda il numero di nuove navi sfornate dall'industria militare, ma anche – e soprattutto – sul fronte qualitativo e strategico. Nel suo rapporto annuale al Congresso Usa sullo stato dell'esercito di Pechino, il Pentagono ha scritto che la Marina del Dragone ha ampliato la sua portata globale e si è spostata più regolarmente - e in massa - oltre le proprie acque regionali. Continuando, allo stesso tempo, a lanciare imbarcazioni da guerra e di supporto logistico che forniscono alla forza una maggiore autonomia. Nel paper, di 182 pagine, non si fa tuttavia presente quando la Cina, che può affidarsi a oltre 370 navi, potrebbe essere in grado di operare regolarmente vicino alle coste statunitensi. Certo è, hanno concluso gli analisti di Washington, il gigante asiatico ha rafforzato le sue capacità di proiezione di potenza marittima. E continuerà a farlo anche in futuro.

Il rafforzamento della Marina cinese

Tra gli sforzi messi in campo dalla Cina troviamo quelli relativi all'implementazione dell'addestramento in mare a distanza della PLAN, in aree che vanno dall'Oceano Indiano orientale all'Oceano Pacifico occidentale. Pechino può inoltre sfruttare un livello piuttosto significativo di impegni globali, inclusi scali in porti lontani, come il Medio Oriente e l'Africa. Lo scenario disegnato dal Pentagono può dunque essere così sintetizzato: mentre il PLAN è sempre più un attore marittimo globale, con una presenza continuativa nel Golfo di Aden dal 2008 tramite la sua base permanente a Gibuti, le piattaforme di superficie e sottomarine consentono alla Cina di organizzare operazioni di combattimento oltre la portata delle difese terrestri della nazione.

Attenzione poi alla forza di portaerei, che sta estendendo la copertura della difesa aerea per i gruppi di lavoro schierati. Non è finita qui, perché Pechino – ha segnalato The War Zone - ha anche una forza considerevole di navi di rifornimento logistico altamente capaci per supportare schieramenti a lunga distanza e lunga durata, tra cui due nuove navi di supporto al combattimento veloce (AOE) di classe FUYU costruite appositamente per supportare le operazioni delle portaerei e delle navi anfibie a ponte grande. "La flotta in espansione del PLAN di grandi e moderne navi da guerra anfibie gli consente di condurre un'ampia gamma di operazioni di spedizione ovunque gli interessi della RPC siano minacciati o a supporto della partecipazione della RPC a operazioni sanzionate a livello internazionale", si legge nel rapporto.

Le preoccupazioni degli Usa

Gli obiettivi marittimi globali della Cina sono ulteriormente supportati da un'industria di costruzione di navi da guerra e sottomarini di superficie che si ritiene abbia una capacità 200 volte maggiore rispetto alle sue controparti americane, ha avvertito nel 2023 l' Office of Naval Intelligence (ONI) degli Stati Uniti. "Oggi, il PLAN è in gran parte composto da moderne piattaforme multiruolo dotate di armi e sensori anti-nave, anti-aeree e anti-sommergibile avanzati", afferma il rapporto. Il PLAN sta inoltre enfatizzando le operazioni marittime congiunte e l'integrazione congiunta con le altre branche dell'esercito.

Oltre alla sua base permanente a Gibuti, le forze cinesi, sempre a detta del Pentagono, stanno "molto probabilmente già considerando e pianificando strutture logistiche militari aggiuntive per supportare la proiezione delle forze navali, aeree e terrestri".

I Paesi presi in considerazione per tali hub includono Birmania, Thailandia, Indonesia, Pakistan, Sri Lanka, Emirati Arabi Uniti, Cuba, Kenya, Guinea Equatoriale, Seychelles, Tanzania, Angola, Nigeria, Namibia, Mozambico, Gabon, Bangladesh, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Tagikistan.

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