Portaerei, gabbia missilistica, bombardieri: cosa vogliono davvero gli Usa nel Pacifico

Nei mari e nei cieli dell'Indo-Pacifico sono andati in scena svariati movimenti militari Usa da registrare con la massima attenzione

Portaerei, gabbia missilistica, bombardieri: cosa vogliono davvero gli Usa nel Pacifico
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Riflettori puntati sull'Asia. Negli ultimi giorni nei mari e nei cieli dell'Indo-Pacifico sono andati in scena svariati movimenti militari statunitensi, da registrare con la massima attenzione e da ricollegare alle crescenti tensioni che attanagliano l'intera area. Innanzitutto, lo scorso 18 aprile la portaerei Usa USS Nimitz, ammiraglia del Carrier Strike Group, la Carrier Air Wing imbarcata e i cacciatorpediniere USS Gridley, USS Lenah Sutcliffe Higbee sono arrivati a Guam. Nelle Filippine è invece stato dispiegato il sistema missilistico antinave Nmesis. In Giappone, intanto, c'è stata la prima missione della task force del bombardiere B-1B e il dispiegamento avanzato degli F-35A nella base nipponica di Kadena.

Bombardieri Usa e sistemi missilistici antinave

L'Aeronautica Militare degli Stati Uniti ha dislocato bombardieri B-1B Lancer in Giappone. Questi velivoli, parte di quella che l'Aeronautica Militare definisce una missione Bomber Task Force, sono arrivati alla base aerea di Misawa. Prima di atterrare sul territorio giapponese, i B-1B hanno condotto un'esercitazione di addestramento congiunta con i caccia dell'Aeronautica Militare della Corea del Sud. La missione includeva voli sulla penisola coreana occidentale e sulla base aerea di Osan. "Queste missioni nell'Indo-Pacifico garantiscono che i nostri equipaggi B-1 siano altamente addestrati e pronti a intervenire sempre e ovunque per difendere gli interessi degli Stati Uniti e supportare i nostri alleati, garantendo un Indo-Pacifico stabile, in cui tutte le nazioni operano liberamente secondo un ordine basato su regole, promuovendo al contempo la pace e la prosperità globale", ha dichiarato il tenente colonnello Christopher Travelstead, direttore delle operazioni del 9° EBS.

Nelle Filippine, invece, gli Usa hanno dispiegato il sistema missilistico antinave americano Navy-Marine Expeditionary Ship Interdiction System (NMESIS), in una mossa che sembra rafforzare ulteriormente la capacità di deterrenza di Washington e Manila in un'area strategica. Il generale di brigata Michael Logico, direttore delle esercitazioni Balikatan, ha dichiarato che l'arma verrà utilizzata per le esercitazioni di guerra annuali di Manila e Washington fino al prossimo 9 maggio. L'implementazione di NMESIS dimostra la fiducia dei due alleati in materia di sicurezza e in termini di interoperabilità. Manila e Washington sono del resto vincolati da un trattato di mutua difesa che impone a entrambi di difendersi reciprocamente in caso di attacco armato di un nemico. E la Cina sembra ormai essere diventata la nemica numero uno tanto delle Filippine quanto degli Stati Uniti.

La gabbia missilistica Usa

Gli Usa si sono mossi per ingabbiare la Marina militare cinese in Asia e mantenere il predominio navale all'interno e all'esterno dell'Indo-Pacifico. Washington ha rafforzato – e sta tuttora rafforzando - gli arsenali di alcuni Paesi strategici della regione, come Taiwan e Giappone, parti integranti della prima catena di isole. L'Australia acquisterà da Washington decine e decine di Standard Missile-2 Block IIIC e dello Standard Missile-6, così come di missili da crociera Tomahawk. Anche il citato Giappone e Taiwan acquisteranno armi del genere dagli Usa. Sempre, ovviamente, per incrementare i loro arsenali in chiave anti cinese.

Gli Stati Uniti hanno in programma di effettuare un test del loro sistema missilistico Typhon in Australia questa estate, durante l'esercitazione Talisman Sabre, segnando il primo lancio dell'arma d'attacco a lungo raggio su suolo straniero.

Le forze Usa dovrebbero schierare la loro seconda batteria del genere in Asia e e usarla per lanciare un missile SM-6. L'altra batteria Typhon, nota anche come sistema missilistico Mid-Range Capability, è stata trasportata a Luzon, nelle Filippine, nella primavera del 2024.

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