West Star, il più grande bunker antiatomico della Nato in Italia

Il bunker West Star, costruito in provincia di Verona, era il più importante rifugio antiatomico d'Italia secondo le informative top-secret dell'Alleanza Atlantica. Ecco la sua storia

West Star, il più grande bunker antiatomico della Nato in Italia

Se Mosca fosse arrivata fino in fondo, avviando le procedure per il lancio di missili balistici a lungo o medio raggio su obiettivi pre-selezionati "oltre cortina", il bunker antiatomico – nome in codice West Star – situato nel comune veneto di Affi in Italia avrebbe raccolto al suo interno e protetto da un primo o secondo strike nucleare alcuni tra i vertici del comando Nato che si trovavano sul continente; per diramare gli ordini dell'Alleanza e rispondere ad un'azione offensiva o alla semplice minaccia rappresentata dallo spostamento o pre-riscaldamento degli Icbm o Irbm sempre pronti nei silos delle siti strategici.

A confermarlo sono dei documenti desecretati ormai da diversi anni, che riportando le caratteristiche specifiche del bunker scavato nelle viscere del Monte Moscal, progettato tra il 1958 e il 1960 e costruito tra il 1960 e il 1966, spiegano come dovesse ospitare il Comando delle forze terrestri alleate per il Sud Europa, noto anche con l'acronimo di Ftase.

Com'era il bunker antiatomico West Star

West Star, ad appena 30 chilometri di distanza da Verona, sarebbe servito come quartier generale di comando per le trasmissioni strategiche riguardanti il controllo e coordinamento delle forze terrestri Nato poste nel settore sud-orientale della lunga cortina di ferro che divideva l'Europa ai tempi del Patto di Varsavia.

Da progetto come nella realtà, il bunker sarebbe stato il più grande in Italia e avrebbero dovuto coprire una superficie di 13mila metri quadrati, proteggendo nel suo rivestimento di cemento armato a centocinquanta metri di profondità nella roccia, chiunque vi si fosse rifugiato in caso di attacchi nucleari, chimici e batteriologici. Sebbene la protezione stimata fosse considerata fino a 100 kilotoni, e una sola delle otto testata multipla Mirv di un missile balistico intercontinentale russo (al tempo avremmo detto sovietico) R-36M o SS-18 Satan nel codice identificativo Nato, possa sprigionarne oltre 500 kilotoni.

Il tunnel di accesso al bunker West Star, con due accessi separati e posti a settecento metri di distanza l'uno da l'altro, conduceva - e conduce ancora - in una rete di stanze e ricoveri dotate di sistemi autonomi per le telecomunicazioni cifrate, sistemi elettrogeni di riserva, riserve d'acqua, e piccoli arsenali per la difesa ma anche bar, una palestra, e stanze per il relax, oltre alla normale mensa e una cucina spartana con le riserve di cibo e carburante necessarie ad attendere la fase più acuta di un fall-out nucleare. Il tutto era protetto da impenetrabili porte corazzate capaci di resistere alla deflagrazione di proiettili di grosso calibro sparati anche da distanza estremamente ravvicinata.

Secondo i due documenti datato 1958 e 1966, declassificati appena due anni fa, la Nato considerava West Star e pochi altri bunker - come quello scavato nelle profondità del Monte Soratte, a poca distanza da Roma - idonei a resistere alla minaccia nucleare sovietica solo nella prima fase della Guerra Fredda, riconsiderando l'idea di accentrare i vertici di Comando in un bunker più protetti, dal costo proibitivo e comunque a rischio, con la strategia della dispersione degli alti comandi che si sarebbero dovuti spostare su ruota o cingoli all'interno di veicoli specifici per evitare di essere colpiti.

West Star negli ultimi anni

A rivelare questi vecchi "segreti militari" è stato il generale Gerardino De Meo, ultimo comandante a Verona del Distaccamento logistico Nato, dal 2004 al 2011, e ultimo vertice del comandi di di West Star, rimasto attivo dell'apparato dell'Alleanza Atlantica fino al 2007, che ha spiegato al Corriere Veneto: "Affi era verosimilmente l'unica località nei dintorni di Verona che aveva i requisiti secondo le specifiche imposte dalla Nato alla fine degli anni ‘50. L'ho dedotto dai documenti segreti del 1958 che sono stati declassificati nel 1996 e che imponevano la costruzione di bunker antiatomici per il timore di una invasione del Patto di Varsavia con utilizzo di armi nucleari tattiche, ovvero di piccola potenza. Questi timori erano aumentati dopo la campagna di minacce effettuata nel 1957 a mezzo stampa (Pravda, Tass e Red Star) dai sovietici nei confronti dei Paesi europei che ospitavano armi nucleari americane e che vi erano state posizionate su decisione della Nato".

West Star è rimasto sotto la responsabilità del Comando Forze Terrestri Alleate del Sud Europa di Verona fino al 1999, per passare sotto la responsabilità del Comando alleato interforze sud fino al 2004, e infine sotto la responsabilità dell'Allied Joint Force Command Naples fino alla chiusura dei battenti.

Oggi la "Stella d'Occidente" che doveva proteggere fino a mille tra alti ufficiali e militari posti alla sicurezza e al corretto funzionamento dell'apparato sotterraneo è diventato un luogo visitabile che, proprio in un momento di nuove tensioni internazionali, non può fare a meno di attirare un gran numero di visitatori affascinati e allo stesso tempo terrorizzati dall'idea di immaginarsi chiusi in quei lunghi corridoi di cemento armato quale unico possibile luogo di salvezza nel caso venissero lanciate delle bombe nucleari - tattiche o depotenziate - su obiettivi militari in prossimità. Dato che non ci sarebbe alcuno scampo se venissero utilizzate le testate nucleari più potenti di un arsenale avversario alla Nato.

Tanto più perché nelle simulazione più accreditate di una "guerra atomica", le importanti basi militari Nato del nord d'Italia come Aviano e Ghedi compaiono - almeno nelle simulazioni - tra i primi obiettivi di una escalation che vedesse l'Europa come teatro di scontro.

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