Fanghiglia meridionale. Non servono giri di parola. Il «partito del Sud» sta facendo disinformazione contro il Nord. L’obiettivo non è riaprire davvero la questione meridionale, ma colpire il Carroccio nei suoi punti vitali. Insomma, sputtanare chi con la sua lealtà al premier non permette il ribaltone. La Lega non è più la forza politica che ha fatto dell’ordine e della sicurezza una bandiera. Diventa un movimento razzista, con l’aggravante dell’alleanza con Berlusconi, che appena può fa affari con la ’ndrangheta calabrese o con qualsiasi mafia passi dalle parti del Po. Non solo. Si cerca di far passare l’idea che gli stessi elettori nordisti abbiano finalmente ripudiato Bossi e la sua classe dirigente. Chi rappresenta oggi il partito del Sud? Quelli che sperano di creare una sorta di Lega meridionale mascherata di nazionalismo e legalità. Sono i finiani, i post cattolici di Casini, la parte più statalista del Pd e i manettari di Di Pietro. In loro soccorso si è mobilitata la solita intellighenzia salotto- televisiva che vede in Saviano il suo profeta. La disinformazione sudista ha tirato un primo colpo sfruttando la tragedia dell’alluvione in Veneto. Quando il Senatùr e Berlusconi sono andati nelle terre sommerse la fanfara ha strillato che il popolo veneto era in rivolta. In questo modo si è fatta passare la contestazione di un gruppuscolo di «professionisti della piazza » reclutati nei centri sociali per l’anima tradita del Nord-Est. A Roma il Pd ha tappezzato i muri di manifesti con la foto simbolo della tragedia e una scritta che evoca il qualunquismo del «piove governo ladro ». Un modo rozzo per sfruttare a fini politici le disgrazie di una terra e di un popolo. Ma questo era solo il primo passo. Si apre anche la polemica sulle quote latte. Per Fini i soldi del Sud sono servite a pagare le multe degli allevatori nordisti. Poi arriva il grande botto, con i fuochi di artificio. È il caso Saviano.L’autore di Gomorra sta spendendo tutto il suo successo per calunniare in piazza gli avversari di Fini. È in questo innamoramento politico che si spiega, al di là di certe derive psicologiche dovute alla popolarità, la svolta forcaiola del ragazzo casertano. La storia la conoscete. Saviano ha accusato la Lega di fare affari con la criminalità organizzata. Lo ha fatto senza dare una minima possibilità di replica, da predicatore, da Savonarola, da tribuno giacobino. Il suo messaggio è stato che tutti gli sforzi di un ministro come Maroni per catturare i boss di mafia, camorra e ’ndrangheta sono solo uno specchietto per le allodole. Sono pressoché inutili. Il marcio è la Lega, è il Nord, è la gente del Nord. Maroni ha chiesto di poter replicare davanti a Saviano nel prossimo episodio di «Vieni via con me». Non vuole finire nel tritacarne del «metodo Saviano ». È una battaglia che è disposto a portare avanti fino alla fine, continuando a parlare comunque anche con i fatti. Come ha fatto ieri. A Casal di Principe è stato arrestato Antonio Iovine, il boss più importante del clan dei casalesi, latitante da 14 anni. Ma la notizia che gira vorticosamente su tv, giornali e radio non è questa. La fabbrica sudista del fango ha subito sfruttato la relazione della Direzione investigativa antimafia che parla, con una coincidenza un po’ sospetta di tempi, di una presenza consolidata della malavita in Lombardia. Sette famiglie ’ndranghestiste che influenzano la vita economica e sociale della Padania. Non importa che la Dia parli anche di altre regioni. Il litorale laziale oggi non fa scandalo. È la Lombardia il ventre corrotto del Paese.
La risposta a tutto questa fanghiglia meridionale è una lista, un elenco di quelli veri, scritta con i fatti. Sono i 29 boss mafiosi arrestati da quando Maroni è il ministro degli Interni. Ma per i parolai del Sud tutto questo non fa spettacolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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