La mitologia greca aveva collocato nel monte Olimpo la dimora degli Dei. Una residenza esclusiva, diremmo oggi. La immaginiamo lussuosa e comodissima, dove non si può entrare senza esplicito invito. L'Olimpo odierno si trova anch'esso in un'altura, la collina di Hollywood, precisamente a Beverly Hills. È popolata di divinità. E come allora, nel lusso e nelle comodità, se non si è invitati l'acceso è negato. Qualcuno obietterà: gli Dei erano «immortali!». E Marilyn Monroe nata Norma Jeane Mortenson, deceduta nel 1962 a Los Angeles, dove era nata, a soli 36 anni non è «immortale?». Entrata nell'immaginario collettivo è un «mito d'oggi» direbbe Roland Barthes, un oggetto ossessivo di consumo viene evocata a ritmo battente per quattro ragioni. La prima: complottistica, poiché il decesso è perennemente legato al mistero e al ruolo avuto dai fratelli Kennedy. La seconda: le sue disavventure matrimoniali, sentimentali, amorose e sessuali. La terza: la sua bravura di attrice, da molti sostenuta e da molti contestata. La quarta: incarna l'«immortalità». Nella sfortuna di morire giovane, la sua splendida «icona» ha evitato il «viale del tramonto». Le attrici, anche le più grandi, invecchiano. La loro bellezza svanisce. Greta Garbo la «divina» per definizione provò a fermare la corrosività del tempo rinchiudendosi in clausura. L'immagine meravigliosa di Marilyn è fissata una volta per sempre. Non c'è un prima o non c'è un dopo. Sarà sempre uguale. Non perderà o aumenterà peso. Non avrà rughe né capelli bianchi. Un'immensa fortuna nella sfortuna più profonda. Oltre alle immagini (fotografiche, televisive, cinematografiche) di Marylin, ci restano gli oggetti che le sono appartenuti o che hanno accompagnato la sua fugace esistenza. Un quarto di migliaio (250) di questi preziosi cimeli si potranno ammirare nella mostra Marilyn The Exhibition, che verrà inaugurata il 18 ottobre a Londra presso l'Arches London Bridge, tempio postmoderno degli allestimenti. Lo spazio ha già ospitato una identica mostra su Elvis Presley, altro «immortale». Gli oggetti esposti provengono dal collezionista tedesco Ted Stampfer, curatore della mostra. Naturalmente ci sono le fotografie di Marilyn in giro per Londra e quelle che la ritraggono con la regina d'Inghilterra Elisabetta II. Marilyn si recò nella capitale, per pochi giorni, nell'estate del 1956, protagonista del film Il principe e la ballerina (1957), diretto e interpretato da una leggenda dei palcoscenici britannici, Sir Laurence Olivier. Un'esperienza meravigliosa e mostruosa al tempo spesso. Meravigliosa perché adorava Londra. Mostruosa perché sul set Olivier fu inflessibile, facendole capire senza mezzi termini che non sapeva recitare. Nel 2011 il regista britannico Simon Curtis, su questa breve apparizione, ha realizzato il miglior film dedicato all'attrice: Marilyn.
Oltre alle foto e a vari documenti verranno presentati materiali personali mai esposti in pubblico: le scarpe calzate alla presentazione della sua casa di produzione nel 1954; abiti indossati in varie occasioni mondane; oggetti provenienti dalla sua abitazione e dall'ufficio di produzione. In Francia si diventa «immortali» quando si è chiamati a far parte dell'Académie française, fondata nel 1635. Marilyn è diventata «immortale» recitando in alcuni film a Hollywood, nella «Mecca del cinema», fondata da alcuni produttori di origine ebraica, arrivati dalla costa orientale, all'inizio del secolo XX, a cercar fortuna nel clima più clemente della costa orientale.
Tutte le immagini che contengono l'«icona» Marilyn alla fine possono essere riassunte in pochi secondi di un film e da un ritratto. Il film è Quado la moglie è in vacanza (1955) di Billy Wilder. Siamo a New York. L'estate è infuocata. Marilyn e un uomo più grande di lei, un vicino di casa attratto dalla sua bellezza, si recano al cinema. All'uscita della proiezione Marilyn è sulla grata della metropolitana. Il treno passa, sollevando un potente refolo d'aria. E sollevando le gonne della ragazza. Il suo sorriso ingenuo e al tempo stesso malizioso non è un'immagine in movimento, o un fotogramma: è un'«icona» (una traccia, una statua, un monumento). Il ritratto, invece, è la serigrafia su carta Shot Marilyn, realizzato dal genio della «pop art» Andy Warhol dopo la morte dell'attrice.
Warhol era ossessionato dalla morte e del culto delle celebrità.
Devoto delle immagini sacre, ammirate sin da bambino in compagnia della madre, religiosissima, nella chiesa ortodossa di Pittsburgh, comprese che il processo di secolarizzazione in atto, necessitava di nuove immagini sacre, nuovi volti votivi. Occorreva secolarizzare l'«icona». Marilyn Monroe divenne così l'immagine votiva postmoderna. L'originale è il quadro più costoso del mondo; la miliardesima riproduzione costa pochi spiccioli.
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