I segreti di Oriana Fallaci: l'autobiografia inedita, il racconto partigiano, le versioni alternative di romanzi e saggi

Domani a Firenze si inaugura l'archivio della giornalista. Sarà consultabile, così come la sua biblioteca privata. È ora di studiare le opere della Signora per il loro valore letterario

I segreti di Oriana Fallaci: l'autobiografia inedita, il racconto partigiano, le versioni alternative di romanzi e saggi

Quando esplode il problema dell'immigrazione, il pensiero della Fallaci torna di attualità. È stata la sua ultima battaglia prima di morire, nel 2006. È stata anche la sua stagione più fraintesa. La Rabbia e l'Orgoglio è una predica e va immaginata come se fosse pronunciata ad alta voce davanti a un pubblico. Quel pubblico siamo noi, altro che razzismo, la Fallaci se la prendeva con l'Occidente incapace di amarsi, disposto a rinnegare il meglio di se stesso, la libertà conquistata a fatica, la democrazia conquistata a fatica, in nome dell'accoglienza.

Troppo spesso si dimentica chi sia stata la Fallaci per tutta la sua vita anteriore al successo clamoroso della Trilogia post 11 settembre 2001. La sua lapide, al cimitero, reca un'incisione: «Scrittore» (al maschile, lei che non aveva bisogno di essere femminista e che si era fatta strada da sola in un mondo, il giornalismo, all'epoca quasi totalmente maschile).

Ormai è tempo di studiare la Fallaci collocandola accanto ai suoi maestri: Curzio Malaparte e Giuseppe Prezzolini, ad esempio. La Fallaci aveva una vasta cultura letteraria (da autodidatta) e un orecchio eccellente per la lingua: quando leggeva Kaputt, capiva perfettamente l'altezza alla quale giungeva il «toscano» di Malaparte.

Da domani, qualsiasi ricerca sulla Fallaci, in particolari la Fallaci «scrittore», dovrà partire obbligatoriamente dall'Archivio storico del Consiglio regionale della Toscana e dalla Sala Oriana Fallaci della Biblioteca Pietro Leopoldo. La Fallaci torna così nella sua amata città, Firenze, che poco le ha dato quando era in vita. È una riconciliazione postuma ma bella e importante. Il Fondo Fallaci proviene dalla abitazione della giornalista a Casole, località di Greve in Chianti. L'apertura del Fondo è accompagnata da un eccellente volume gratuito che funge, insieme, da catalogo e guida: Il cuore in Toscana: il Fondo Oriana Fallaci del Consiglio regionale della Toscana. Inventario archivistico e catalogo bibliografico, a cura di Katia Ferri, Elena Michelagnoli e Monica Valentini. Inventario archivistico di Margherita Cricchio e Agnese Lorenzini.

La parte archivistica del Fondo è di straordinario interesse. Include, tra le altre cose: la documentazione raccolta dalla Fallaci per le sue interviste e i suoi articoli; i nastri originali dei colloqui con i grandi personaggi della Storia; dossier tematici per approfondire temi come il Vietnam, la politica italiana e mondiale, le missioni aerospaziali; appunti e bozze di quasi tutte le opere letterarie con correzioni autografe. Ci fermiamo un attimo: quest'ultima è la parte in assoluto più rilevante perché consente agli studiosi di entrare nella officina della Fallaci, e quindi di capirne meglio lo stile e il modus operandi.

Non mancano: una serie di documenti e oggetti musicali, tra cui non pochi dischi di musica latinoamericana; un nastro la Fallaci stessa canta su una base musicale; la macchina per scrivere; una copia del Corano, un ampio ventaglio di documenti legati al poeta Alekos Panagulis e alla stesura del romanzo Un uomo, la storia dell'amore tra la Fallaci e il poeta greco perseguitato (e poi probabilmente ucciso) dal regime dei colonnelli; una corposa corrispondenza, anche privata, datata 1959-2006, che è il secondo motivo per cui il Fondo è una miniera insostituibile per il critico e il biografo.

La biblioteca privata è divisa in tre sezioni: opere dello «scrittore» Fallaci in tutte le lingue, dal norvegese al persiano; enciclopedie; i libri conservati a Casole, di valore notevole perché permette di curiosare tra gli interessi ma anche tra le relazioni professionali. Altro aspetto da considerare con attenzione: spesso i libri sono accompagnati da glosse e commenti.

Siamo abituati a pensare alla Fallaci dalla tempra leggendaria, capace di sfidare Khomeini o Kissinger o Arafat. I nastri ci fanno sentire una Fallaci rispettosa e amabile con Antonio De Curtis, in arte Totò o Anna Magnani o Anna Mazzini detta Mina.

Il materiale relativo alle opere della Fallaci rende l'idea di quanto fosse minuziosa e maniacale. Per ciascuna opera, disponiamo di diverse stesure, rielaborate in bozze o su fotocopie di bozze, con ritocchi a mano e, in casi estremi, con estese rielaborazioni realizzate con la macchina per scrivere. Manca, a giudicare da una prima visione della enorme mole dell'Archivio, il passaggio-chiave: la lettura ad alta voce, irrinunciabile. Quando la Fallaci era pronta a licenziare un testo, lo sottoponeva a una lettura ad alta voce, talvolta alla presenza di amici o collaboratori, per essere totalmente sicura dell'effetto prodotto. Il redattore della Fallaci viveva il momento col cuore in gola. Se la lettura era soddisfacente, si andava in stampa. In caso contrario si ricominciava da capo, cioè letteralmente dalla prima bozza. In questo gruppo di carte, c'è una sezione di inediti. Nella maggior parte, sono scritti autobiografici in forma di autointervista. Questo modo di raccontarsi era congeniale alla Fallaci, infatti sarà scelto per l'ultimo capitolo della Trilogia, Oriana Fallaci intervista se stessa - L'Apocalisse. Ci sono anche una autobiografia ragionata, un racconto, strutturato in capitoli, che narra le vicende della Formazione partigiana Lupi Neri guidata da Lanciotto Ballerini.

Gli oggetti personali svelano alcuni aspetti noti solo agli amici e conoscenti, ad esempio la passione per la cucina: la Fallaci era un'ottima cuoca e beveva l'immancabile champagne Veuve Clicquot, che ordinava a casse. Oriana poi si rilassava con il ricamo, con tanti saluti allo stereotipo della giornalista aggressiva.

Ricca di documenti intimi e privati, solo in parte utilizzati per il romanzo Un uomo, è la parte d'archivio riservato a Panagulis. Scopriamo così il titolo di lavorazione, completamente diverso: Fratello mio, compagno del deserto. Fratello mio, compagno della solitudine. Due autointerviste dattiloscritte celebrano Panagulis a un anno dalla morte e l'imminente pubblicazione di Un uomo.

Il romanzo dalla lavorazione più tormentata è Insciallah, uscito, come quasi tutti i libri della Fallaci, da Rizzoli nel 1990. Ci sono bozze, fotocopie di bozze, post it con appunti, correzioni di ogni tipo e un inserto di pagine annotate da integrare nel testo ma non è chiaro in quale punto del libro.

Le bozze di Lettera a un bambino mai nato sono accompagnate da un intervento sull'uso degli anticoncezionali. Nella sezione delle interviste, inoltre, si incontrano numerosi pareri di medici sulla coscienza del feto, la fecondazione in vitro, le malformazioni.

La Rabbia e l'Orgoglio, il battagliero articolo sui fatti dell'11 settembre, spaccò il pubblico in due. Presto, la predica diede vita al primo dibattito nazionale sui temi del politicamente corretto. La Fallaci si infuriò con il Corriere della Sera che fece marcia indietro ospitando articoli critici di Tiziano Terzani e Dacia Maraini. Lo ritenne un grave sgarbo. Nella corrispondenza, però, troviamo le lettere di chi volle complimentarsi con Oriana: Giovanni Sartori, Giuliano Zincone, Antonio Perazzi, Raf ed Elena Vallone, Liliana Cavani e tantissimi altri.

Credo di poter spiegare l'origine di alcune revisioni della Forza della Ragione databili dopo il 2004: potrebbero essere, viste le date, le carte preparate per la pubblicazione sul quotidiano Libero, allora diretto da Vittorio Feltri. Per aggirare le grane con Rizzoli, editore ufficiale della Fallaci, Libero, con l'assenso ovviamente dell'autrice, pubblicava finti estratti a mia cura. Si partiva dal testo a stampa ma poi la Fallaci riscriveva quasi tutto. Sono, a mio avviso, testi da valutare come inediti, inclusa una lunghissima intervista attribuita a un prete polacco. In realtà la Fallaci scrisse sia le domande sia le risposte: era un altro escamotage per evitare grane col copyright. Credo che la Rizzoli fosse al corrente della cosa ma non importa, la Fallaci voleva mantenere, per quanto possibile, la segretezza della sua collaborazione attiva con Libero.

Le autointerviste biografiche rispondono a necessità diverse, ad esempio, offrire dati corretti agli studenti con tesi di laurea sulla Fallaci. C'è però la prima stesura di una autobiografia, e sono 116 carte, con una attenzione privilegiata per la propria formazione culturale e la carriera giornalistica. Il progetto doveva essere consistente: esiste infatti anche un secondo faldone di 109 carte. Perché l'autobiografia non andò mai in porto? Si può ipotizzare che venisse assorbita dal romanzo che tenne impegnata la Fallaci per oltre un decennio, Un cappello pieno di ciliege.

Uscì postumo nel 2008 ed è una storia leggendaria della propria famiglia, a partire dal 1773. Il libro era incompleto. In teoria, la conclusione doveva essere ambientata durante la Resistenza (e qui viene in mente l'altro inedito, il racconto sui partigiani).

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