Una moto rombante al posto di una romantica bici; un disinvolto clergyman invece d'una dimessa tonaca (sdrucita); un passato tormentato al posto di trascorsi del tutto immacolati. Don Massimo hanno cercato in tutti i modi di distinguerlo da Don Matteo. Ma tranquilli: al posto di Terence Hill c'è ancora Raoul Bova ma Don Matteo 14 resta un successone (la puntata di giovedì scorso è stata seguita da 4 milioni 325 mila spettatori, share 24,2%).
«All'inizio tutti si spaventavano più di me si diverte Bova -. Addirittura mi compativano: Chissà che ansia, il confronto con Terence Hill!. Ma in realtà io non ho preso il suo posto. Ho semplicemente interpretato un nuovo personaggio. Come accade anche nella vita, del resto: a un parroco ne subentra sempre un altro».
E poi alle eredità scomode, fa notare l'attore, è abituato: anni fa aveva già rilevato il ruolo di Vittorio Mezzogiorno per La Piovra 7. «Sono sfide. Stimolanti, come tutte le sfide». Ma allora domanda fintamente ingenua - perché invece di Don Matteo non intitolare la serie direttamente Don Massimo? «Per mantenere un'ideale linea di continuità col passato. E anche per fare un omaggio a Terence Hill. I buoni risultati della scorsa stagione dimostrano che è stata la scelta giusta: il nuovo Don Matteo ha mantenuto lo stesso pubblico fidelizzato del precedente. La gente non ha avvertito alcun confronto. Altrimenti ci avrebbe abbandonato».
Naturalmente, prima di azzardare la sostituzione, gli sceneggiatori hanno preso le loro precauzioni: «La cosa più importante per me era che il mio personaggio fosse totalmente diverso da quello di Terence Hill. Il che vuol dire: imperfetto». Così Massimo è stato dotato d'un passato problematico: una volta era un carabiniere, e combatteva con convinzione contro le ingiustizie. «Ma un brutto giorno, durante un'incursione, anche per colpa sua muore un bambino. All'improvviso non riesce più a vestire l'uniforme: sente il bisogno di ritrovare sé stesso. E si fa prete, passando così da una lotta contro le ingiustizie ad un altra, completamente diversa. E già questo basta a non farne un santino».
Anche se per il nuovo eroe un cambiamento tanto radicale non è così scontato: «Quando hai a che fare tutti i giorni con concetti come disponibilità, accoglienza, perdono... la cosa non è così semplice. In più Massimo è un impulsivo. Così ora il suo passato rischia di compromettere il suo presente. E il suo vescovo è costretto a ripetergli continuamente: Ora non sei più un carabiniere. Ora devi allargare le braccia».
Ma anche i preti sono esseri umani: anche loro avranno momenti di rabbia. «Beh: per l'uomo che è stato, e per quello che cerca di diventare, don Massimo ne ha più degli altri».
E a complicargli l'esistenza, in canonica arriva anche una sorellastra con cui aveva interrotto i rapporti, «specializzata nel mettersi nei guai, e ora fra i suoi piedi». L'unico sul set di Don Matteo per nulla turbato dalle novità che gli ruotano attorno, l'immancabile Nino Frassica. «Nulla di quello che sta succedendo potrebbe cambiare il mio personaggio. Sono anni che continuo a viverci assieme. Con lui sono stato fresco sposo, padre, vedovo, suocero... forse ora bisnonno. Assomiglia a me, chi lo fa meglio di me?».
E quanto è contata per l'attore Bova la dimensione spirituale, così importante nella serie Lux? «Anni fa vestii i panni di San Francesco. Non fu una scelta facile: mi mancavano le caratteristiche fisiche per il ruolo, ma da attore, e da uomo, sentivo il bisogno di un personaggio che avesse spessore, e soprattutto spiritualità. In qualche modo, con Don Matteo, l'esperienza si sta rinnovando».
A spingere Bova ad accettare il ruolo, infine, anche considerazioni più personali. «Sentivo il bisogno di immergermi in una serie serena, senza drammi, senza violenza, che si sviluppasse in serenità e amicizia. E da questo punto di vista Don Matteo è la serie perfetta».
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