Mentre i giovani dell’Occidente tardocapitalista protestano, perché senza lavoro, i vecchi della stessa area non vogliono, né possono mollare. Così non stupisce che il cinema vada dietro a questo esulcerante dualismo del mercato, imbroccando la linea rossa delle pantere grigie. In giro ci sono un sacco di star tra i 70 e gli 80 anni, già campioni del cinema tutto azione botte e spari, pronte a rientrare in pista ove se ne presenti l'occasione. Dopo il successo de I mercenari (3 milioni di euro incassati da noi), diretto dal vecchio Sylvester Stallone, che riuniva l’eterno antagonista Arnold Schwarzenegger e gli inossidabili Bruce Willis e Micky Rourke in un gruppetto «die hard» niente male, a primavera arriverà sugli schermi Red (ovvero Reduci Estremamente Distruttivi), commedia di spionaggio politicamente scorretta.
Distribuito da Medusa il 6 maggio il divertente film d’azione ha avuto l'anteprima nazionale alle Giornate Professionali di Cinema a Sorrento, dove s'è capito quanto tiri il sempreverde, spruzzato d'ironia. Questo film anti-pensionamento (da qui, la scorrettezza politica, mentre tutti mandano tutti a casa) mette il cinquantacinquenne Bruce Willis, tonico, rasato, scattante (ma «caramelloso dentro», gli dice Helen Mirren, classe '45) a capo d’una banda di ex agenti della Cia, che hanno combattuto in Vietnam e in Afghanistan, ribaltando governi in missioni ultra top secret, per poi finire ritirati a vita privata.
Come Morgan Freeman (nato nel ’37, che qui sarà l’unico a morire), che lascia la casa di riposo (con l’infermiera, chiamata ad aggiustargli la tv, solo per guardarle il lato B) appena l’amico Frank Moses (Willis), stufo di sorvegliare, in solitudine, le foglie del suo avocado, andrà a ricordargli una lontana, sporca faccenda in Guatemala, dove il vicepresidente Usa in carica li aveva inviati a sterminare un villaggio. Sarà per questo che Frank, mentre ciabatta per casa (però: panza zero) riceve la visita d’una squadra speciale, sgominata da «Mr. Die Hard», il quale non ha perso la mano: botte da orbi e, dopo, un’aggiustatina alla giacca da camera stile nonnetto. La chiave della nuova tendenza «duri a morire», però prendiamoci in giro, è tutta in uno scambio di battute. «Ti ha addestrato Karlsky?», chiede Moses a un muscoloso signorino della Cia, pestandolo a dovere. Lo sventurato, comunque un duro, risponde di sì e Bruce lo tramortisce col pugno finale: «Karlsky l’ho addestrato io».
La questione della formazione e della trasmissione di competenze tra generazioni si situa, infatti, al centro della lotta globale al prepensionamento coatto, così Hollywood ci scherza su. «Vecchio un paio di palle!», sibila John Malkovich (classe ’53), altra attempata canaglia della équipe, intanto che spara col bazooka nascosto in un maiale di peluche rosa e fa esplodere tutto. Né meno convincente risulta Helen Mirren, solista del mitra in abito da sera con spacco, reclutata nel gruppo di fuoco. Ma quali rose gialle e torte: per lei l’ora della ritirata è lontana. Bruce Willis, che aveva annunciato di non farcela più a correre e a saltare per aria, ci ha ripensato et voilà: in Red (negli Usa, oltre 100 milioni di dollari d’incasso) è capobanda, con ragazza al seguito; girerà un quinto Die Hard e sarà protagonista di Lay the Favourite (regia di Stephen Frears), come boss d’un clan senior.
L’età avanza, ma le querce di Hollywood non hanno rami secchi.
A ottant’anni Clint Eastwood, che non spara più come Callaghan, ma comunque stende la concorrenza, sbarca nel 2011 con due regie importanti: il thriller Hereafter (dal 5 gennaio) e G-Man, drammatico film sul capo dell’FBI Edgar Hoover. E Roman Polanski, classe ’33, torna alla commedia nera con God of Carnage e un cast strepitoso (Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz, Matt Dillon). A questo punto, un certo grado di immortalità si profila.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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