Il dovere di prevenire

Letizia Moratti, sindaco di Milano ha fatto una proposta molto interessante - come i lettori già sapranno - di dotare i genitori milanesi di un kit antidroga per accertare l’eventuale uso di sostanze stupefacenti da parte dei figli. È una misura che responsabilizza le famiglie, consente un intervento immediato, educa e forma i giovani attraverso la prevenzione prima che il fatto sia compiuto, e non la repressione quando il fatto compiuto può aver provocato danni, talora irreparabili in conseguenze talora irreversibili.
Livia Turco, ministro della Salute, ha detto che «è una proposta che valuto con un certo interesse. Bisogna fare in modo che si arrivi ad un consumo nullo delle droghe, ma per questo serve educazione e formazione». Ottimo, abbiamo esclamato con stupore misto a felicità: il ministro Turco, come sulla via di Damasco, ha cambiato idea. Macché. Dopo aver detto questo ha detto, riferendosi al ragazzo quindicenne morto in classe a Paderno Dugnano, che «questi fatti non avvengono in un Paese dove c’è una legge liberalizzatrice, ma in una dove c’è la legislazione repressiva nei confronti di chi consuma uno spinello». A parte che gli spinelli erano dieci prima e, dopo la sua riforma, sono passati a venti che, come tutti sanno, è un numero diverso da uno. Ma poi, ci chiediamo, che vuol dire educazione e formazione? Non è anche la legge un modo che in vista della sanzione possa agire come deterrente? Non è, in alcuni casi, la deterrenza lo strumento più efficace per evitare il ripetersi di comportamenti negativi, anche su se stessi, come nel caso della droga?
Difficile toglierci dalla testa che questi ravvedimenti siano tardivi e poco convinti. Dopo la morte in classe nel Milanese e dopo i fatti indegni, crudeli, cruenti avvenuti sul bus dove hanno perso la vita alcuni bambini, è troppo facile accodarsi a proposte che sono specularmente alternative a quelle che, fino a pochi giorni fa, venivano additate come anacronistiche e prive di spirito solidale. Quante buffonate abbiamo sentito dire su queste tematiche. Quanti sepolcri imbiancati abbiamo visto sugli schermi televisivi e ascoltato via radio. Sa il ministro Turco che secondo la legge Fini-Giovanardi l’inumana sanzione inflitta ad un quindicenne che si spinella è la possibilità per l’autorità scolastica ed il Prefetto di avvisare preventivamente la famiglia? Dov’è in questa norma l’inumanità, la repressione? Noi ci vediamo tutt’altro: ci vediamo un forte senso di umanità nel tentare di strappare ad un destino certamente negativo una vita nel fiore degli anni attraverso una maggiore responsabilizzazione delle famiglie. Altro che repressione. Non scherziamo su cose serie.


Sa il ministro che il numero dei drogati «disperati» è in forte calo mentre il grosso di chi si droga è fatto da persone che consumano stupefacenti per divertimento o curiosità? Reprimere vuol dire intervenire a cose fatte. Le cose che si fanno prima che i fatti avvengano si chiamano prevenzione. Non è una questione di vocabolario. È una questione di civiltà del diritto.
Paolo Del Debbio

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