Dovlatov, ironici ceffoni all’umanità progressista

L’Università di Pavia lo ricorda con una mostra che ne ripercorre, con foto e documenti, la vita e gli studi

Un gabinetto medico nella Pia Casa degli Incurabili di Abbiategrasso, dal 1872 al 1876, ha visto al lavoro nelle ore libere dagli impegni ospedalieri un giovane scienziato che proveniva dall’università di Pavia. Gli unici strumenti a sua disposizione erano vetrini e microscopio, insieme a coltellini e a un affilato rasoio. Lo studioso era Camillo Golgi che, in quel locale ricavato nella cucina del suo appartamento, si dedicava all'osservazione della materia cerebrale. Dopo aver frequentato la celebre università lombarda, Golgi aveva per alcuni anni svolto attività di ricerca a fianco di Cesare Lombroso nella clinica psichiatrica dell'ospedale San Matteo di Pavia, e di Giulio Bizzozero, suo maestro nell'utilizzo del metodo sperimentale.
Siamo in pieno Positivismo e l'uomo sta cominciando a impostare nuovi metodi di ricerca scientifica. Si vuole vedere, sperimentare, per capire come funziona quella misteriosa, incredibile macchina che è il corpo umano. Già in quegli anni lontani, la ricerca non era però un'attività che permettesse vita agiata, e per questo Golgi, alla soglia dei trent'anni, si decise a concorrere per un posto di primario nella Pia Casa di Abbiategrasso. Ma la febbre della conoscenza lo aveva ormai contagiato. Qui, nel suo improvvisato laboratorio, sostenuto unicamente dalla propria passione, compie esperimenti che lo porteranno alla prima, fondamentale scoperta della sua carriera: la «reazione nera» (detta anche «metodo di Golgi»). Si tratta di un processo chimico con il quale vengono isolate le cellule nervose permettendo così una prima descrizione della struttura cerebrale e delle interconnesioni tra i vari elementi che la compongono. Golgi credette di riconoscere un «reticolato nervoso» che a suo avviso dimostrava l'unicità del complesso cerebrale. Questa teoria fu però in quegli stessi anni demolita dallo studioso spagnolo Santiago Ramon y Cajal che, partendo proprio dagli studi golgiani, dimostrò invece l'esistenza di tante unità elementari, e in seguito di locazioni cerebrali preposte a differenti funzioni.
In seguito alla scoperta della «reazione nera», Golgi rientrò a Pavia per ricoprire la cattedra di Istologia e, più tardi, anche quella di Patologia. Questo gli permise di continuare e approfondire i suoi studi, anche con strumenti più precisi e raffinati. Intanto la sua attenzione era stata attratta dal campo dell'infettivologia, in particolare dalla malaria, che in quegli anni mieteva ancora numerosissime vittime. Golgi scoprì che gli accessi febbrili della malattia coincidevano con la proliferazione del plasmodio nel sangue e rese quindi più efficace la terapia, concentrandola nei periodi di maggiore efficacia. Ma c'era anche un'altra branca del sapere medico che affascinava Golgi, e cioè la citologia, e in questo campo individuò elementi strutturali della cellula, in particolare proprio l’«apparato» che da lui prende il nome.
Un periodo eccezionale quello del Sette-Ottocento per la nascita della moderna ricerca scientifica. E nella città lombarda si sono susseguiti scienziati come Lazzaro Spallanzani, Antonio Scarpa, lo stesso Lombroso, Luigi Porta. Ma certo Camillo Golgi rappresenta la punta di diamante. Nel 1906, un secolo fa, Golgi otteneva il premio Nobel per la medicina, insieme al suo «avversario» Ramon y Cajal. Era lo stesso anno di Giosue Carducci. I primi due italiani ad avere ricevuto questo riconoscimento.
È proprio in occasione di questa ricorrenza che l'Università di Pavia ha organizzato, nell'ambito di una serie di manifestazioni dedicate allo scienziato, la mostra «Golgi architetto del cervello», curata da Paolo Mazzarello, che resterà aperta, nei nuovi Istituti Universitari di via Ferrata, fino al 19 dicembre. Il percorso espositivo ripercorre la vita e gli studi di Golgi, mostrando strumenti medici, preparati anatomici, insieme a documenti e a foto d'epoca. Chiari pannelli esplicativi guidano il visitatore anche non specialistico in un viaggio attraverso i momenti pionieristici della ricerca in campo medico. Microscopi e proiezioni mostrano i «vetrini» di Golgi, con le sue principali scoperte. Una seconda sezione è invece dedicata a esperienze interattive tese a mostrare il funzionamento cerebrale (in particolare il collegamento tra aree cerebrali e particolari funzioni del corpo), e fenomeni della percezione. Un modo divertente ed efficace per constatare la complessità della nostra mente.
Un grande scienziato e un grande uomo, Golgi. Appassionato. Spinto dal desiderio di conoscenza e da quello, altrettanto grande, di alleviare il dolore dei suoi pazienti. E, come sempre, la vera grandezza è discreta, appartata.

Pare che il primo commento che fece arrivato in Svezia, dopo un viaggio lungo, faticoso, e reso ancor più tormentoso dal freddo dell'inverno nordico, frastornato dai festeggiamenti preparati per lui a Stoccolma, sia stato: «E pensare che il maggior mio desiderio sarebbe quello di tenermi nascosto...».

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