Rimini - "Di fronte all’enorme vuoto educativo che c’è in questi tempi, le fragilità dei ragazzi aumentano, aumenta il senso di vuoto, aumenta il distacco dalla realtà, la difficoltà di costruire un progetto futuro". In occasione dell'uscita di Unhappy hour, romanzo-inchiesta sullo sballo giovanile, abbiamo incontrato Andrea Muccioli - che insieme al fratello Giacomo guida la comunità di san patrignano - per fare il punto su un problema che ancora oggi non sembra trovare una soluzione concreta. Non ci sono mai stati così tanti giovani sotto i 13 anni in balia della droga come oggi. Sette adolescenti su 10 sono interessati ad un consumo abituale e continuo di stupefacenti. "Il punto è che si tratta di un vero e proprio mercato - spiega Muccioli - il mercato cerca sballi sempre più potenti e diversificati".
Nel romanzo-inchiesta Unhappy hour, tratto il disagio che spinge le generazioni d'oggi all'uso di stupefacenti e all'abuso degli alcolici. Da dove nasce questo disagio?
"Laddove mancano sempre più riferimenti educativi ed esempi è sempre più grande il rischio che i giovani si dirigano verso la droga e questo vale per qualsiasi tipo di droga e per qualsiasi generazione, è una fuga dalla realtà, un modo per evitare un confronto con se stessi, con la realtà, con le proprie fragilità, paure e inadeguatezze.
Di fronte all’enorme vuoto educativo che c’è in questi tempi, di fronte all’assenza della famiglia, della scuola e delle agenzie educative, di fronte alla mancanza di rapporti sociali significativi e importanti, di fronte a questi modelli consumistici votati ad una bellezza effimera e superficiale e mai a contenuti profondi di tipo umano e relazionale, la conseguenza è che le fragilità dei ragazzi aumentano, aumenta il senso di vuoto, aumenta il distacco dalla realtà, la difficoltà di costruire un progetto futuro. Quindi questo vuoto chiama la droga che è la sostanza che ti fa illudere di non aver bisogno di impegnarti, di non avere bisogno di affrontare realmente te stesso e gli altri, di poter fare a meno di un confronto importante con la realtà, di fare a meno di crescere e di tutta la fatica che questo comporta.
E quindi ecco lo sballo e l’uso di quelle droghe che per 20 anni hanno detto non essere pericolose dalla marijuana all’eroina fumata. Sono state costruite informazioni molto false che hanno fatto passare il messaggio che se vi fate di queste droghe con certe modalità non sarete mai come quegli sfigati eroinomani che stanno negli angoli delle stazioni o sulle panchine dei parchi per 10 o 20 anni.
Li abbiamo truffati dicendo che qualcosa di molto pericoloso per la loro salute in realtà è innocuo. Invece non è così, tra l’altro le droghe sono un mercato e questo mercato usa strumenti che ogni mercato usa al fine di ampliare la domanda.
Non ci sono mai stati cosi tanti giovani sotto i 13 anni in balia della droga come oggi.
Oggi 7 adolescenti su 10 sono interessati ad un consumo abituale e continuo di stupefacenti.
Il punto è che si tratta di un vero e proprio mercato e il mercato cerca sballi sempre più potenti e diversificati.
Quindi quelli che producono ashish hanno cercato di incontrare queste richieste del mercato cercando di fornire un prodotto con un contenuto di thc, quindi di sballo, sempre maggiore.
In questo modo, delle droghe che erano erroneamente considerate 'leggere' sono state incredibilmente potenziate arrivando a contenere un principio attivo superiore del 25%.
Esistono ricerche scientifiche inglesi di come queste droghe se usate a lungo provochino psicosi e schizofrenie.
Essendo una emergenza educativa che implica un rapporto tra adulti e giovani, esistono molti problemi, difficoltà e sensi di colpa soprattutto da parte degli adulti e quindi l’opinione pubblica tende a dare una lettura superficiale e staccata del fenomeno limitandosi ad un discorso sulle sostanze e sugli effetti che le sostanze creano anziché andare alle cause del fenomeno che implicherebbe una presa di responsabilita’.
E quindi se da un lato i giovani vanno a finire nella droga per il vuoto di cui parlavo, gli adulti non fanno nulla per cercare di risolvere questa gigantesca epidemia."
Se negli anni Ottanta il consumo di droghe era soprattutto legato a contesti disagiati e border line, al giorno d'oggi si sta estendendo a macchia di leopardo. Non ci sono fasce o contesti sociali che ne sono esenti. Per quale motivo?
"Il consumo di stupefacenti attecchisce in tutte le fasce sociali perché la gente quando ha un problema ormai preferisce pensare ad una scorciatoia facile, comoda e immediata magari pagando, piuttosto che la strada dell’impegno articolato e profondo.
Siamo in una società che esprime dei modelli prettamente consumistici e profondamente egocentrici e individualistici che isolano la persona dal resto della società. Vivere insieme agli altri è un faticoso investimento di energie nell’affrontare paure e barriere.
Noi invece preferiamo stare isolati in noi stessi con tutti i nostri gadget e strumenti interattivi circondati e rinchiusi come siamo in realtà virtuali e viviamo sempre di più in questa disabitudine profonda a vivere la relazione con l’altro che è fatta di uno scambio profondo, di ascolto, accettazione e accoglienza delle idee e della personalità altrui, viviamo isolati in noi stessi e viviamo l’altro come un ostacolo al raggiungimento dei nostri fini o come minaccia o nemico. Questo lo si vede anche nei comportamenti quotidiani, basta vedere ad esempio a come ci comportiamo quando guidiamo in mezzo al traffico."
Dove e a che età i giovani entrano per la prima volta a contatto con gli stupefacenti?
"La droga è diffusa in ogni luogo della nostra società contemporanea. Non c’è un luogo, tranne San Patrignano e qualche altra comunità, dove non ci sia. La droga è ovunque, negli ospedali nelle scuole nei luoghi di lavoro nei bar negli stadi, negli happy hour nelle palestre, è in casa, è spesso nella stanza dei nostri genitori non solo in quella dei nostri figli quindi una diffusione e presenza talmente evidente che è difficile non incontrarla. C’è un mercato enorme che ha bisogno di fidelizzare sempre di più i propri consumatori per cui vista la diffusione dei consumi, l’aumento esponenziale dei clienti, è chiaro che il mercato della droga ha fatto un calcolo di mercato e quindi ha abbassato i prezzi e aumentando i consumi.
Il prezzo è una variante sensibile. Qualcuno qualche anno fa diceva, sbagliando, che abbassare i prezzi o legalizzare le droghe avrebbe portato ad una soluzione del problema, una diminuzione del mercato. Invece no, questi signori ignoravano o volevano ignorare l’abc della legge del mercato e della domanda. Oggi infatti assistiamo ad un’offerta grandissima con prezzi bassissimi, c’è il discount della droga, cocaina ed eroina non sono mai state così a buon mercato e mai come oggi si trovano ovunque. Queste sono le condizioni i cui facciamo crescere i nostri ragazzi e molto spesso mancano i modelli, gli esempi positivi. Anzi, assistiamo proprio al loro contrario perché i genitori, non solo non sono esempi di responsabilità, sobrietà, stabilità ed equilibrio ma al contrario sono consumatori di sostanze stupefacenti, consumano in gran quantità alcol, psicofarmaci, cocaina e altre droghe e spesso sono loro che le offrono ai loro figli.
Noi lo stiamo vedendo con i ragazzi che entrano in comunità. Un incredibile aumento di giovani che consumano droga e i cui genitori consumano droga a loro volta."
Quali colpe ha la società? E la scuola?
"La mancata assunzione di responsabilità e un continuo scaricarle agli altri.
Gli adulti, i singoli, le istituzioni, hanno scaricato le proprie responsabilità educative dando sempre la colpa agli altri. La famiglia alla scuola, la scuola alla famiglia, e tutti alla politica.
Per 20 anni la scuola è stata più che altro solo un trasmettitore di informazioni più o meno valide anziché pensare di accompagnare il ragazzo in una alleanza educativa con la famiglia verso un percorso di costruzione della propria identità, del proprio futuro, nella correzione attraverso la relazione con gli altri. Per questo oggi asistiamo ad una profonda frattura tra mondo della scuola e della famiglia, sono due mondi che fanno fatica a parlarsi perché ognungo scarica le proprie responsabilità agli altri. In particolare quando qualcosa va storto.
Credo che gli adulti, i singoli, le istituzioni, dovrebbero riappropriarsi delle proprie responsabilità educative e quindi rifondare il proprio rapporto con i giovani. Mi riferisco in particolare a quelle responsabilità che sono esempio dei valori fondamentali da trasmettere alle generazioni future come rispetto di sé e degli altri, dignità, libertà vera, basata sull’inclusione degli altri, non sull’esclusione. C’è molto lavoro da fare ma quasi tutti tengono la testa sotto la sabbia."
Quanto può pesare e incidere una campagna di prevenzione sul futuro della nostra società?
"Niente oppure tantissimo. Niente se la prevenzione viene fatta come negli anni '90 dove tutto si risolveva con una seria di informazioni stampate o veicolate attraverso immagini di famiglie stile mulino bianco, informazioni più o meno scientifiche o banali fini a se stesse che non hanno mai aiutato i giovani a diventare consapevoli. Questa modalità esprimono una volta di più il distacco che c’è con la società degli adulti.
Invece può servire molto un’attività di informazione seria e corretta dove vengono individuati dei vettori e degli strumenti su cui queste informazioni possono viaggiare ed essere credibili per i giovani. Iniziative che portino esperienze significative che vadano oltre l’obiettivo di informare e riescano a raggiungere il cuore, il cervello e lo stomaco dei ragazzi. Proprio partendo da queste riflessioni abbiamo ideato la campagna WeFree (www.wefree.it) portando nei teatri di tutta Italia una serie di spettacoli con al centro la testimonianza diretta di chi nella droga c’è stato e ha vissuto la gran fatica che ci vuole per uscirne. In pratica questi spettacoli ruotano attorno alle storie dei ragazzi che ormai sono alla fine del loro percorso in comunità e hanno trovato il coraggio di raccontare la propria esperienza a ragazzi come loro. È quella peer to peer education di cui molti parlano e che solo in pochi alla fine fanno.
E una volta che si riesce a colpire i ragazzi e a farli riflettere su quanto le droghe spappolino il cervello, diamo loro strumenti alternativi come occasioni di aggregazione, progetti che li motivino.
Perché questo è quello che accade. Quando fai prevenzione sul serio, poi ti rendi conto che c’è uno step successivo da fare che è la costruzione di cose concrete che suscitino l’interesse dei giovani, che diano loro motivazione, e la possibilità di scegliere."
La comunità di San Patrignano è uno dei più importanti centri di recupero di tutta Italia. Quale lavoro viene portato avanti con tutti i pazienti della comunità? Di questi quanti vengono effettivamente recuperati?
"San Patrignano è uno dei centri di recupero piu grandi del mondo, e tra i più efficaci come certificano ricerche scientifiche indipendenti e autorevoli.
E' una comunità che si occupa di vita e non di droga e quindi non ci possono essere 'pazienti' né 'ospiti'. Ci sono residenti che si appropriano pian piano della loro vita, che la ricostruiscono capendo e vivendo qui quei principi umani universali che la comunità promuove e cerca di esemplificare tutti i giorni. Per questo San Patrignano è stata fatta e per questo è tanto efficace.
Il punto è che offre una vera alternativa, è’ possibile venire qui, essere raccolti, capiti, valorizzati nel proprio talento. Qui trovi qualcuno che crede in te e ti fa affrontare le tue miserie, fragilità e fallimenti senza giudicarti e che accompagnandoti con affetto ti mostra la strada attraverso l’esempio di cosa voglia dire vivere una vita responsabile, leale, onesta, equilibrata, seria e interessante.
Ti permtte di costruirla giorno per giorno sfruttando i tuoi errori per quello che sono, ammettendoli prima di tutto e poi cercando di correggerli così da iniziare un percorso di crescita.
Per questo è una comunità di vita. Una scelta di vita.
Una realtà alternativa a quella banalizzazione di ogni contenuto umano che purtroppo esiste oggi nella soceità.
Quanto all’efficacia, qui basta dare dele cifre.
25mila persone accolte dal '78 ad oggi. Nessuno mai pagato una lira. Tutto è completamente gratuito. Non abbiamo mai accettato fondi da servizi pubblici e dallo Stato.
Anzi, allo Stato abbiamo reso possibile un risparmio che oggi corrisponde a 30-35 milioni di euro all’anno. Il 90% dei ragazzi in comunita’, dopo il primo anno di ingresso e’ ancora qui e quindi questo significa che abbiamo una grande capacità di ritenzione.
Significa che San Patrignano come progetto di vita è interessante.
Inoltre, il progressivo abbassamento dell’età di ingresso, oggi siamo intorno ai 23 anni, ci fa capire che è un progetto che attrae i giovani, non li respinge.
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