"Il dubbio" di Matsumoto è una certezza. E incastra un giornalista presuntuoso

Una donna con tutti i crismi della colpevole. E un outsider al posto giusto

"Il dubbio" di Matsumoto è una certezza. E incastra un giornalista presuntuoso

Avendo lavorato in un quotidiano (e che quotidiano, l'Asai Shinbun, lettissimo e influentissimo in Giappone) prima come tipografo e poi come redattore, Matsumoto Seicho conosceva bene i giornalisti. Quindi sapeva distinguere i giovani entusiasti che prendono il proprio mestiere come una missione, dai cronisti d'assalto che ritengono di avere la verità in tasca e sotto i polpastrelli. Un esempio del primo tipo lo troviamo in La ragazza del Kyushu (Adelphi, 2019): è Keiichi Abe, imbattutosi in un cold case che la sorella del condannato (e morto in cella) ha tentato invano di non far raffreddare rivolgendosi a un avvocato di grido, ma ottenendo un non cortese rifiuto. Un esempio della seconda categoria lo troviamo ora in Il dubbio (ancora Adelphi, pagg. 133, euro 16, traduzione ancora di Gala Maria Follaco). È Akitani Moichi, tanto rotondo e pacioccone nell'aspetto quanto spigoloso e ostinato nel non recedere dalla posizione assunta in merito a un caso di cronaca nera. E anche in questo chirurgico intreccio giallo dove, come sempre nelle opere di questo autore, le note di colore e d'ambiente sono ridotte quasi a zero per lasciare spazio ai caratteri dei protagonisti e all'invenzione del nodo da sciogliere, Matsumoto inserisce la figura decisiva di un legale. L'esatto opposto del supponente Otsuka Kinzo di La ragazza del Kyushu. È Sahara Takukichi, chiamato a sostituire il difensore originario dell'imputata, gravemente malato. Sahara, non soltanto è un civilista, ma è anche un riservista della giustizia, cioè un avvocato d'ufficio, e tutti, a partire da Akitani Moichi, si aspettano che fallisca...

D'altra parte, ci sono tutti i presupposti. Una donna forte nel corpo quanto nel carattere, attraente, con amicizie nel mondo della yakuza, seduttrice seriale senza scrupoli e sempre affamata di denaro, sposa un ricco vedovo con l'unico scopo, peraltro dichiarato, di riscuotere, alla morte di lui, l'ingente premio dell'assicurazione sulla vita che gli ha fatto sottoscrivere in gran fretta. Ed ecco l'incidente fatale: in una piovosa notte di luglio i due, a bordo di un'auto, precipitano nelle acque del porto della città di T. e soltanto la donna si salva. Il primo cronista a piombare sulla notizia è, appunto, Akitani, il quale, per così dire, ci mette il cappello sopra, mentre il povero avvocato Harayama Masao, assai malconcio, getta la spugna facendosi ricoverare in ospedale. Il giornalista si coccola l'inchiesta come fosse una figlioletta e pensa addirittura di costruirci sopra un libro da proporre a qualche editore di Tokyo (il solito vizietto dei gazzettieri che anelano a diventare scrittori...). Quella mantide di Onizuka Kumako, pensa, marcirà in galera grazie a me. Tuttavia, mentre ogni cosa è apparecchiata e il processo fila dritto lungo la strada già tracciata, a qualcuno sorge... il dubbio. Dubbio che verrà sciolto con una ricostruzione degli eventi degna di Sherlock Holmes. Ma non sarà finita lì. Le ultime tre pagine ci consegneranno la prova di un altro delitto, più orrendo del primo.

Di questo romanzo (da cui in Giappone sono stati tratti due film, nel 1982, l'anno dell'uscita del

libro, e nel 2019), il titolo suona vagamente dürrenmattiano, e anche lo sviluppo rimanda ai perfetti meccanismi psicologici ideati dal maestro elvetico. Del resto, Matsumoto Seicho è il più occidentale dei noiristi orientali.

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