Al Ducale l’arte approda su «Isole mai trovate»

Al Ducale l’arte approda su «Isole mai trovate»

L'isola, quale straordinario orizzonte! Raggiungerla non è mai stato facile e oggi lo è ancor meno, ma noi continuiamo a sognarla. A scriverne nella mente promesse e inganni, perché di quell'isola di cui si ignorano le coordinate si spera con forza l'esistenza. Che sia il regno di speranze o incubi qualcosa è certo: è un mondo altro, che apre prospettive. E che sia Itaca, Atlantide, città del sole, industriale o falansterio, isola della ragione o meteora di una deriva, questo luogo ha identità e leggi. Distanti da quelle della realtà in cui viviamo fatta di necessità, compromessi e utilità. Isola: distanza, utopia, eterotopia. Luogo che nasce nel nostro spaziotempo ma in cui si attuano dinamiche di sospensione, sovvertimento e ridefinizione dei rapporti. Terra per eccellenza della creazione, di sintesi, intensità e radicalità non possibili altrove, che nella mostra «Isole mai trovate» (Palazzo Ducale, Genova, fino al 13 giugno) trova il suo ordine. Qui l'isola è l'autonomia dell'opera d'arte, che nel suo porsi a distanza di sicurezza da obblighi e cliché permette una maggiore aderenza al reale facendosi rotta, viatico per esperire il permanente tra le pieghe della caducità. Opera umana ma votata a essere varco sull'altro e sul trascendente. L'identità differenziale della ricerca artistica e il portato utopico dell'opera, capace di costruire altre visioni del mondo e donare al fruitore catarsi o nuovo sguardo, sono i cardini su cui si muove l'indagine curata da Lóránd Hegyi (Direttore Generale del Musée d'Art Moderne di St-Etienne) e Katarina Koskina (Presidente del Museo di Stato di Arte Contemporanea di Salonicco). Destinata ad approdare anche in Francia e Grecia, la mostra è la prima tappa del viaggio verso la Biennale del Mediterraneo di Genova, ed è scandita da incontri con gli artisti, conferenze, seminari, laboratori ed eventi. «Isole mai trovate» è un'occasione straordinaria per avvicinarsi al contemporaneo secondo diverse prospettive. Le oltre 70 opere tra disegni, dipinti, sculture, fotografie, installazioni e video di artisti di livello davvero internazionale sono vettori di visioni scaturite da uno stato di «ricerca permanente». Il viaggio non assicura compagnia né arrivo perché la meta potrebbe non svelarsi mai, ma queste avventure permettono di varcare più di una colonna d'Ercole tra armonia e disperazione, casa e coprifuoco. Eccoci allora accolti da Kounellis, per poi sorprenderci nell'ordine naturale tra le pietre di Richard Long. Il mondo si fa movimento, specchio, luce e suono con i calibrati equilibri di Rebecca Horn e totem, monumento fragilissimo per le sue membra di bottiglie di vetro, con Tony Cragg. L'isola di cui siamo alla ricerca forse siamo proprio noi, che ci affacciamo dal Grande Pozzo di Pistoletto trovando la nostra immagine. Già, l'immagine, quella di Orlan che si fa ibridazione, o del video di Marina Abramovi? il cui corpo non cessa di essere luogo di domande. E molte sono quelle che pongono l'imbarcazione carica di sacchi colorati, naufraga in un mare di bottiglie di vodka di Toguo o i bottari - copriletti regalati ai giovani sposi in Corea - che diventano simbolo di un esodo forzato nel video di Kimsooja.

Non mancano Gilbert&George, Jan Fabre e tanti altri straordinari artisti in questo viaggio che non domanda altro che essere vissuto e che ci piace terminare nella «caverna» di Feldmann dove si scopre la vita, nuova e fugace, di ombra di tanti piccoli oggetti posti davanti a noi. L'artista è stato più generoso di Platone in uno dei suoi più celebri miti e ci svela subito quello che sta accadendo.

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