E gli arbitri messi sotto accusa ora fingono di non conoscersi

De Santis: «I giudici hanno letto una storia sbagliata, è loro compito fare altre indagini»

da Roma

Non si parlano, non si guardano in faccia, neppure si salutano. Sono illustri sconosciuti, si ignorano, dopo che per anni, per amore del fischietto, avevano creato un corporativismo difficilmente riscontrabile da altre parti. Sono gli arbitri coinvolti in questo scandalo, i protagonisti delle nostre domeniche, quelli che si sono presi improperi e insulti in modo industriale, ma che dell’arte del fischietto avevano fatto una ragione di vita, un modo di sopravvivere in virtù dei cospicui rimborsi spese (5.000 euro) per ogni gara diretta in serie A.
Eppure, dopo l’esplosione di moggiopoli, i rapporti tra gli arbitri inquisiti si sono raffreddati, addirittura congelati, finiti sotto zero e la prova evidente è arrivata da questo processo, in prima istanza davanti alla Caf e ora sotto gli occhi della Corte Federale. Ed è imbarazzante notare come gli amici di una volta, quelli che hanno passato insieme tanti fine settimana negli ultimi cinque anni nei raduni di Coverciano, quelli che nella prima settimana di agosto nel ritiro di Sportilia sudavano e faticavano per trovare la forma, da poco più di un mese sono diventati, tra loro, sconosciuti. Poco ci manca che si diano del lei, ma è davvero deprimente l’impressione fornita dai vari Lanese, l’ex presidente attaccato alla poltrona come pochi altri che nei momenti della bufera mentre tutti rassegnavano le dimissioni preferiva autosospendersi; De Santis che, da primadonna, arriva sempre in compagnia della bella Silvia Morescanti, avvocato difensore sì, ma anche compagna nella vita, e sempre al suo fianco stava, senza degnare di uno sguardo i colleghi di un tempo. È stato però uno dei pochi a parlare. «I giudici - ha detto il fischietto bloccato dal processo mentre stava per andare ai Mondiali - hanno letto una storia sbagliata, è loro compito svolgere altre indagini, ma qui stiamo ancora spettando di vedere che cosa è successo. Io sono stato incriminato per una sola partita, ma non sono responsabile di niente come dimostrano le immagini». E in serata De Santis ha annunciato di aver chiesto all’Aia l’autorizzazione a querelare il presidente del Cagliari per le dichiarazioni fatte da Cellino dopo Reggina-Cagliari.
Timido e spaurito appare invece Gianluca Paparesta, in un angolo, gli occhi sbarrati, forse ancora sotto choc per il sequestro operato dal duo Moggi-Giraudo in occasione dell’infausta Reggina-Juventus di due anni fa. Che dire allora di Pasquale Rodomonti, capelli lunghi che ora può portare visto che ha smesso di arbitrare per limiti di età e che, prosciolto, se ne sta a fondo sala, vede passare vicino gli amici e non riserva loro nemmeno un sorriso di circostanza.

O di Paolo Bertini che se ne sta avvinto come l’edera al suo avvocato, soprannominato il «quinto Beatles» per il suo caschetto anni Sessanta o di Rocchi che non molla un attimo l’avvocato Davirro. Si sfiorano, si scrutano ma non si parlano. E allora fa bene Lanese, terminata la giornata, ad andarsene con i suo avvocati, senza salutare, meglio fare shopping e dimenticare i fasti del fischietto che fu.

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