E con un colpo di bacchetta, Toscanini fece rinascere la Scala

L'11 maggio 1946, il grande maestro diresse il concerto con cui veniva riaperto il teatro, distrutto nel 1943 dai bombardamenti. Con il debutto di una giovanissima promessa della lirica: Renata Tebaldi, la "voce d'angelo"

E con un colpo di bacchetta, Toscanini fece rinascere la Scala

Narra la leggenda, ma del resto quando si parla di Scala realtà e leggenda spesso si confondono, che quando Toscanini entrò per la prima volta nel teatro ricostruito dopo i bombardamenti abbia battuto un paio di volte le mani. E poi, soddisfatto dell'acustica, esclamato «Ecco la Scala». Forse più travolto dall'entusiamo per aver ritrovato la sua «casa» che per la buona riuscita del recupero, perché in realtà nella fretta di ricostruire le macerie furono interrate sotto il pavimento, rendendo non eccelsa la diffusione del suono. Tanto che la Callas individuò il punto preciso del palcoscenico da dove far arrivare la sua voce ovunque. Il famoso «punto Callas». In ogni caso a un solo anno dalla fine della guerra il teatro, diventato punto centrale della vita, non solo culturale della città, era rinato. E con il concerto di inaugurazione dell'11 maggio 1946, ovviamente diretto da Toscanini, Scala e Milano tornarono ufficialmente e vivere.
Nella settimana tra i 7 il 15 agosto 1943 infatti, un migliaio di fortezze volanti distrussero mezza città: Santa Maria delle Grazie, Sant'Ambrogio, piazza San Fedele, la Galleria, corso Vittorio Emanuele, risparmiando, miracolosamente è il caso di dire, il Duomo. In totale 12mila furono gli edifici distrutti, 15mila quelli danneggiati. I morti furono migliaia, i senza casa 250mila. E proprio l'ultima notte toccò alla Scala.
Il 25 aprile del 1945 Milano fu liberata e il primo pensiero dei milanesi fu per il teatro voluto da Maria Teresa d'Austria e realizzato, su progetto di Giuseppe Piermarini, al posto della chiesa di Santa Maria alla Scala, da cui prese il nome. I lavori iniziarono nell'agosto 1776 si conclusero nella primavera del 1778 e il 3 agosto di quell'anno il teatro veniva inaugurato con «L'Europa riconosciuta» di Antonio Salieri.
In breve divenne «il tempio della lirica», la prima istituzione cittadina, figurarsi dunque la costernazione dei milanesi quando la videro accartocciata su se stessa. E l'entusiamo con cui l'intera comunità accolse l'invito a ricostruirla immediatamente. E lavori procedettero a tempo di record anche se non proprio a regola d'arte, visto che ben 120mila metri cubi di macerie furono lasciate sul posto e semplicemente coperte dal pavimento, e meno di un anno dopo tutto era pronto. E per il concerto d'apertura non poteva essere chiamato che Arturo Toscanini, il grande maestro che, proprio alla Scala mezzo secolo prima, aveva «inventato» la direzione d'orchestra. Poi nel 1931, al termine di un concerto a Bologna, fu schiaffeggiato dai fascisti per non aver eseguito «Giovinezza». Costringendolo a un esilio durato 15 anni. Dunque tornava la libertà, tornava la Scala, tornava Toscanini. E fu una festa di popolo.
Alle 21 dell'11 maggio 1946 la sala era affollata, fuori una folla impressionante. Scrisse il giornalista Filippo Sacchi: «Quella sera egli non dirigeva soltanto per i tremila che avevano potuto pagarsi un posto in teatro: dirigeva anche per tutta la folla che occupava in quel momento le piazze vicine, davanti alle batterie degli altoparlanti. E chi, abbandonata a un certo punto la sala splendente e gremita, si portò in piazza del Duomo e ascoltò il resto del concerto seduto sui marciapiedi e sul sagrato, visse un'ora buona che si terrà per sé preziosa nel cuore. Era gente minuta, gente venuta dai corsi, dalle vie formicolanti che menano alle tipiche porte milanesi, porta Romana, porta Genova, porta Lodovica, porta Venezia. Erano operai, artigiani, piccoli bottegai: tutta la famiglia coi ragazzi, e le donne avevano in braccio bambini che dormivano... Alla fine di ogni pezzo la gente applaudiva. I ragazzi correvano intorno, giocando. Pareva una gran piazza di paese quando suona la banda».
Per la serata Toscanini aveva scelto l'ouverture da «La gazza ladra», il coro dell'Imeneo, il Pas de six e la Marcia dei Soldati dal «Guglielmo Tell», la preghiera dal «Mosè in Egitto», l'ouverture e il coro degli ebrei dal «Nabucco», l'ouverture de «I vespri siciliani», il «Te Deum» di Verdi, l'intermezzo ed estratti dal 3° atto Manon Lescaut, forse la sua opera preferita, il prologo ed alcune arie dal «Mefistofele». E nell'occasione il maestro fece debuttare una cantante di 24 anni, Renata Tebaldi, poi da lui stesso definita «voce d'angelo».


La Scala era dunque stata restituita ai milanesi, anche se per un suo più accurato recupero, acustica compresa, bisognerà attendere l'ultimo intervento iniziato nel 2002 e concluso il 7 dicembre 2004 quando verrà «nuovamente» inaugurata. Con «L'Europa riconosciuta» ovviamente.

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