«Le immagini di moda raramente hanno una logica, ognuna è un momento senza inizio nè fine». Basterebbero queste poche parole di Helmut Newton, maestro tedesco della fotografia e della rappresentazione del corpo femminile, per sfatare molti luoghi comuni: uno tra tutti che arte e moda viaggino su due binari culturalmente paralleli. La bella retrospettiva inaugurata a Palazzo Reale intitolata «Legacy», testimonia appunto l'eredità di un grande artista legato a doppio filo con l'industria del fashion ma che seppe utilizzare in modo unico il mezzo fotografico e i suoi committenti per un messaggio metalinguistico che sapeva andare oltre l'estetica pubblicitaria.
L'esposizione, curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti è un viaggio nel mondo del «Grande Voyeurista» che mise sempre la donna al centro del suo sguardo, ricercando l'erotismo nei volti e nei corpi in bianco e nero, indifferentemente che il soggetto fosse una star hollywoodiana oppure una anonima modella. In mostra, tra 250 fotografie, riviste, documenti e video, c'è l'intera carriera dell'artista rappresentata da immagini simbolo ma anche da scatti inediti, comprese polaroid e contact sheet che erano parte significativa della sua ricerca.
«La fotografia è sempre un modo di sedurre» diceva Newton, laddove pare oggi inimitabile il potere della seduzione che il suo obbiettivo sapeva paradossalmente applicare al corpo femminile come incarnazione dell'emancipazione femminile rispetto agli stereotipi del finto perbenismo della società occidentale. Il percorso si svolge attraverso rigorose fasi cronologiche che mostrano l'evoluzione del berlinese di origine ebrea (il vero cognome era Neustädter) che, sfuggito alle persecuzioni naziste, plasmò la propria identità artistica a Parigi nelle intense collaborazioni con Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld, attraverso cui imparò a cattura lo spirito del tempo, segnato dalla rivoluzione sessuale di fine decennio. Dagli anni Settanta in poi ebbe inizio la sua fase di emancipazione dai canoni della fotografia di moda, realizzando immagini sempre più provocatorie. I suoi set, sempre meno convenzionali e sempre più cinematografici, iniziano a spaziare dalla metsafisica dei paesaggi urbani alle spiagge caraibiche, fino alle alcove degli hotel parigini. Le sue modelle, elegantissime ed erotiche, si ispirano sempre più alle icone surrealiste e dadaiste, nello stile di pionieri come Man Ray, quello di Le violon d'Ingres, oppure di registi come Fritz Lang, quello di Metropolis.
É invece degli anni Ottanta la celebre serie «Naked and Dressed», veri e propri dittici in cui fa posare, gli uni accanto agli altri, modelle nude e vestite, raccontando lo spirito culturale del tempo.
Parallelamente a queste immagini, produce sempre in quegli anni i primi cosiddetti «Big Nudes», ampiamente rappresentati nella mostra di Palazzo Reale, realizzati sia per la carta stampata che come stampe a grandezza naturale. Un bagaglio di icone che, a partire dal 1987, trovarono casa naturale in una rivista di grande formato, «Helmut Newton's Illustrated», da lui creata e lasciataci in eredità con quattro numeri memorabili.
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