E ora contrordine compagni Gli anti Cav: subito al voto

D’Alema lancia una santa alleanza per abbattere Berlusconi e andare subito al voto con un imbroglio di Palazzo. Tutti dentro: Fini, Casini, Di Pietro e Vendola. La benedizione di Corriere, Repubblica e Libero

E ora contrordine compagni 
Gli anti Cav: subito al voto

Roma - La parola d’ordine la urla Massimo D’Alema: am­mucchiata, ammucchiata. E tutti lo seguono. Non c’è più differenza politica tra Casini e Vendola, Fini e Ber­sani, Rutelli e Di Pietro, neppure tra D’Alema e Veltro­ni. L’antiberlusconismo isterico cancella valori e vec­chie ruggini, invidie e visioni del mondo. È tale la rab­bia, la foga, la voglia di seppellire il premier che sareb­bero disposti anche a santificare il patto con un sabba elettorale.

Vanno bene l’estrema sinistra e gli ultimi reduci del fascismo. È il bunga bunga degli anti Cav. La giustificazione di questa orgia politica è il momento di eccezionale gravità che sta vivendo il Paese. Bersani ha evocato le rivolte d’Egitto, quasi a sperare che accadesse qualcosa del genere anche in Italia. D’Alema è meno emotivo e con freddezza teorizza, con un’intervista su Repubblica , la necessità storica di un nuovo comitato di liberazione nazionale. Come sempre il Cln diventa la bandiera per delegittimare Berlusconi. Il gioco è quello di far credere agli italiani che la democrazia nel caso del Cavaliere non funziona, non è salutare, ha preso un abbaglio. L’ammucchiata degli antidemocratici s’inventa per l’ennesima volta un regime per forzare la mano alla Costituzione.

Perché questo è il paradosso. Quelli che parlano con la sacra Carta in mano sono pronti a ripudiarla quando in ballo c’è il Cavaliere. Eugenio Scalfari, nel suo sermone domenicale, non esita a strattonare il presidente della Repubblica. Napolitano deve darsi una mossa.Non c’è bisogno di una sfiducia parlamentare. Questa maggioranza è abusiva per definizione. Serve un colpo di mano. Il Quirinale scelga un nuovo premier, meglio se sta in Bankitalia, e senza ascoltare nessuno lo mandi in Parlamento a raccattare una maggioranza.Non c’è?Pazienza. Allora senza indugio sciolga le Camere e si vada al voto. Queste cose - ammette il fondatore di Repubblica- in genere non si fanno, sono eccezionali. Non è che uno può mandare a casa un governo senza una sfiducia. Ma visto che la situazione non è mai stata così drammatica ci sta pure lo strappo costituzionale. Chi lo dice che è drammatica? Scalfari e i suoi alleati. Sì perché l’ammucchiata riguarda ormai anche le grandi firme del giornalismo. «Al voto» è il mantra dei mammasantissima della stampa, dal vecchio Barbapapà a Ferruccio De Bortoli, passando per Libero di Vittorio Feltri, tutti in coro a suonare la litania anti Cav.

I nemici di Berlusconi fino a una settimana fa appena sentivano la parola elezioni si tappavano le orecchie e gridavano «non voglio sentire». Adesso si sono convinti che bisogna andare al voto domani, anzi è già troppo tardi, bisognava andarci già ieri. Hanno trovato coraggio o hanno visto i sondaggi? No. Sono tutt’altro che sicuri di vincere. Si sono solo resi conto che Napolitano non può forzare la Costituzione come vorrebbe Scalfari e in più si sono accorti, batoste alla mano, che la maggioranza è più solida del previsto. La sfiducia a Bondi ha dimostrato che il governo non è appeso a una manciata di numeri. Il grande feticcio in cui speravano, il governo tecnico, si è dissolto e non è un’opzione praticabile.

L’unica speranza è quindi andare al voto. Solo che anche stavolta non sanno rispettare i tempi. Al voto ci si andrà, ma prima il governo deve cadere in Parlamento. Queste sono le regole. Non si può decidere a tavolino, senza prove, che la legislatura è finita. La scommessa degli anti Cav è appunto una coalizione mai vista, un’arlecchinata di finiani e vendoliani. Nonostante questo, però, non pensano di vincere. Si accontentano del pareggio. E proprio questa legge elettorale pasticciata, che un mese fa non vedevano l’ora di riformare, potrebbe essere il chiavistello per strappare il Senato a Berlusconi. A quel punto dalle urne non uscirebbe una maggioranza chiara, che gli antiberlusconiani non vogliono perché non saprebbero come farla convivere al governo. Il trucco è un altro. Il pareggio elettorale renderebbe necessario un governo tecnico.

Fuori Berlusconi da palazzo Chigi e dentro un uomo scelto dalla casta. È il sogno del partito delle ammucchiate. Non c’è nulla di più bello, per loro, di un premier scelto tra pochi amici intimi. E la democrazia? La democrazia è troppo berlusconiana.

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