«Ti devi far attraversare dal dolore altrimenti non riesci a raccontarlo». È questa la capacità, anzi lo spessore umano, che permette a Pablo Trincia di trasformare in racconto preciso, delicato e accattivante le tragedie della vita. Stavolta ci è riuscito con il dramma di Rigopiano, l'hotel travolto da una valanga, nel 2017, sotto cui sono rimaste 29 persone. Dopo il grande successo del podcast, Trincia ha fatto un ulteriore passo: una docu-serie in 5 puntate, realizzata con Chora Media, che andrà in onda domani, giovedì e venerdì su Sky TG24, Sky Documentaries e Sky Crime, in streaming su NOW. Un progetto multimediale che parte dalla cronaca (e in questo il canale all news di Sky è in prima linea) e passa per la tv, il cinema e la letteratura, in cui una unica storia viene sviluppata con diversi linguaggi. E poi il silenzio è una docu-serie (regia di Paolo Negro) da non perdere per diversi motivi.
In primo luogo per il rigore con cui viene trattata la vicenda. «Abbiamo raccolto e vagliato tantissimo materiale - spiega Trincia - che ci è stato fornito dai familiari delle vittime e dai soccorritori che sono intervenuti per portare aiuto, tra cui i video e gli audio degli ospiti dell'hotel poco prima dell'arrivo della valanga». In secondo luogo per la sensibilità con cui viene raccontata. «Il limite è fermarsi un attimo prima della morbosità e del sensazionalismo. Noi raccontiamo chi erano quelle persone che sono morte sotto la valanga e la vita dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime. Non evitiamo dolore, ansia, paura, rabbia, angoscia, anzi cerchiamo di farla sentire fisicamente con accorgimenti anche cinematografici, ma evitiamo la lacrima facile». Attenzione che viene sottolineata anche da Giampaolo Matrone (sopravvissuto) e Marco Foresta (figlio di due vittime): «Noi ci siamo fidati per il modo in cui sono entrati nelle nostre case».
Infine, l'importanza della serie sta anche nella forza del messaggio: un monito per tutti, per non dimenticare l'importanza della prevenzione delle catastrofi e dei piani emergenze.
«Non c'è stata una vera giustizia - ricordano i familiari delle vittime che hanno presentato appello in Cassazione (udienza il 27 novembre) contro la sentenza che ha condannato 8 persone - perché sul banco degli imputati non sono finiti tutti i responsabili».
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