E Restivo confessò: «Desideravo Elisa, ma lei mi respinse...»

Danilo si presenta in aula elegante (gessato grigio e camicia blu), non è il Restivo in versione clochard (felpa con cappuccio e jeans sdruciti) del giorno in cui la polizia inglese lo ammanettò per il delitto della sarta Heather Barnett. Era la mattina del 20 maggio 2010. Oggi, a un anno di distanza, il processo è entrato nel vivo. Un delitto avvenuto nel 2002, a pochi isolati dall’abitazione di Restivo a Bournemouth. Danilo abitava con la moglie in Chatsworth Road, la Barnett con il marito e i due figli in Capstone Road. Danilo e Heather si conoscevano di vista.
La mattina del 12 novembre 2002 Heather fece entrare nel suo villino quel ragazzone corpulento - che tutti conoscevano come l’«italiano» - e per lei fu la fine. Massacrata. Il corpo orribilmente mutilato e un macabro particolare, una ciocca di capelli serrata nel pugno della vittima. Per la corte britannica che lo sta interrogando non ci sono dubbi: il colpevole è l’«italiano».
Anche la Procura di Salerno hanno una certezza: Restivo è il killer di Elisa Claps, la studentessa potentina ammazzata il 12 settembre 1993 e ritrovata, 17 anni dopo (il 17 marzo 2010), nel sottotetto della Santissima Trinità di Potenza: la stessa chiesa dove Elisa incontrò Restivo per l’ultima volta, prima di sparire nel buco nero di un’inchiesta cominciata male e proseguita sempre peggio.
Al tribunale di Winchester, nella contea del Dorset, i casi Barnett e Claps si stanno - inevitabilmente - sovrapponendo l’uno all’altro: troppo uguali quelle che i criminologi chiamano «dinamiche omicidiarie»; troppo simili certi dettagli (anche a Elisa venne tagliato un ciuffo di capelli); identico il modus operandi degli assassini. Conclusione deduttiva: c’è un solo colpevole per entrambi i delitti. E quell’uomo si chiama Danilo Restivo. Ma lui non è mai crollato. E mai crollerà. Anche ieri l’ha ripetuto davanti alla corte inglese: «Non ho mai ucciso nessuno». Nel caso di Danilo l’unica possibilità è quella di leggere le sue parole in filigrana, tentando di interpretarne le frasi alla luce fioca del «non detto». Una sorta di maieutica verbale che, ad esempio, ieri l’ha portato a confessare: «Ero attratto da Elisa, le chiesi di fidanzarsi, ma lei mi rifiutò perché aveva già un'altra relazione. Ci rimasi male...». Quanto «male»? Fino, forse, a «punirla» con la morte? La Procura di Salerno che indaga sul caso sembra essersene persuasa al temine di una interminabile (e a volte pasticciata) ridda di perizie e controperizie che, invece di chiarire la vicenda, ha dato (almeno a livello di opinione pubblica) la sensazione di complicarla ulteriormente. Quanto alla sua mania di tagliare ciocche di capelli alle ragazze, Restivo si è giustificato così: «Ho provato a smettere. Ma l’odore dei capelli era per me un richiamo troppo forte. Sono persino andato da uno psicologo. Non mi rendevo conto che potesse essere un'offesa. Se lo è stata, me ne scuso».
Ieri, nell’aula del tribunale di Winchester, è stato rievocato anche l’ultimo incontro con Elisa del 12 settembre 1993, quando i due si incontrarono alla Chiesa della Santissima Trinità, che Restivo ha detto di conoscere bene, essendo «molto religioso» e avendo lì «ascoltato la messa diverse volte»: «Fissammo un appuntamento per telefono il giorno precedente - ha raccontato Danilo -. Io volevo fare ad Elisa gli auguri per gli esami e parlare di Paola (un’amica comune ndr). Ero stato rifiutato e volevo sapere se fosse il caso di mandarle dei fiori. Ci accordammo di vederci alle 11,30 davanti alla chiesa». E fu proprio Elisa, secondo la versione dell'uomo, ad invitarlo all'interno della chiesa: «Fu lei a chiedermi di entrare nella Santissima Trinità. C'erano delle persone che stavano pregando e così andammo dietro l'altare, nel presbiterio, dove discutemmo per una decina di minuti di Paola». E poi: «Elisa mi consigliò di lasciarla perdere, dal punto di vista sentimentale, e di rimanere amici. Era preoccupata perché un uomo l'aveva molestata fuori dalla chiesa».
L'anno successivo - nel ’94 - Restivo fu arrestato per falsa testimonianza. E oggi punta il dito contro gli inquirenti di allora: «Quando venni arrestato, a un anno dalla scomparsa di Elisa, sembrava più una scusa per non aver trovato un colpevole.

Mi avvalsi della facoltà di non rispondere. Per questo mi misero 37 giorni in isolamento, dove venni abusato fisicamente e psicologicamente».
Vuoi vedere che, alla fine, Restivo chiederà pure i danni allo Stato italiano?

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica