E se la sinistra perdesse perché disprezza la gente?

«Se votassero solo quelli che leggono i libri non ci sarebbe partita. Ma siccome vige il suffragio universale...». Questo lo diceva D’Alema, ma anche allora si sbagliava. Non è una questione di cultura. Il guaio di quelli come lui è che hanno sempre sottovalutato gli italiani. Quelli come lui perdono perché sono incompatibili con la democrazia. Sono allergici e da un po’ di tempo non lo nascondono neppure. Il fallimento delle primarie è la prova che mancava. Ora c’è. Stop. Basta. Niente più nomination. Mica siamo (...)
(...) al Grande Fratello. Il popolo è imbecille, il popolo è inaffidabile, il popolo ragiona di panza, il popolo puzza. Il popolo è bello solo come entità astratta, diafana, teoretica, virtuale. Quando diventa carne, quando sceglie, quando ti si presenta davanti come individuo, allora sale il disprezzo. Ma perché dobbiamo farli votare questi? E scatta l’arrocco aristocratico. Maledetta plebe, tutta telecomando e telefonino. Qui bisogna recuperare Jean Jacques, il buon Rousseau: «Se ci fosse un popolo di dei, si governerebbe democraticamente. Un governo così perfetto non è adatto agli uomini». È una vecchia storia, più stanno a sinistra, più abitano al centro. Vabbé, magari è tutta invidia. Quello che è certo è che ormai la democrazia non è più di moda.
Contrordine. Non serve più fare finta. Si può dire che per il bene del Paese il popolo resta in panchina. Il passaparola corre nei luoghi dove si fa davvero opinione. In quei posti dove si parla con disgusto vagamente annoiato della miseria dei tempi che stiamo vivendo. Lì ci si indigna, si scuote la testa, si sussurra che schifo, ci si guarda complici con quell’aria da sopravvissuti e si esclama orgogliosi: caro mio, siamo rimasti solo noi. L’ultima fatwa di quelli che sono di sinistra perché mangiano il pesce col coltello è questa: la democrazia è berlusconiana. Ergo è volgare, non fa bene, non funziona, è ignorante, odora di qualunquismo, è ontologicamente corrotta.
Guardate la fine che hanno fatto le primarie. Un tempo erano tutti entusiasti. Primarie qua, primarie là, che bella prova di responsabilità e democrazia. Il potere arriva dal basso. Si facevano le primarie perfino per eleggere il rappresentante di condominio. Tutti i vip in fila a portata di telecamera. Ecco il popolo che vota. Poi il giocattolo si è rotto. Gli aristocratici si sono accorti che non era una messinscena. Si votava davvero, e a quel punto hanno cominciato a preoccuparsi. D’Alema non le ha mai riconosciute. Americanata, sibilava. Gli Scalfari, categoria antropologica, le hanno ripudiate. E ieri Corsera e Repubblica, con i de profundis di Sartori e Diamanti, le hanno definitivamente liquidate come una puttanata. Amen. La sorte di questa consuetudine made in Usa non ha bisogno di spiegazioni. Le primarie (e le elezioni in genere) sono inutili e dannose perché gli italiani continuano a votare per le persone sbagliate. A questo punto qualcuno sbaglia. E siccome gli Scalfari non sbagliano, è evidente che l’errore è di tutti gli altri.
È colpa dell’allergia. Quel prurito che ti viene a pelle quando hai a che fare con i grandi numeri. Gli aristoscalfari ci provano. Li hanno visti imbacuccati infiltrarsi tra la folla dei cinepanettoni. Non potevano ridere e non hanno riso. Qualche critico stanco di Antonioni ha provato a spacciargli come genio plautino i monologhi der Monnezza. È stato cacciato fuori a pedate. Quando gli hanno raccontato che Io uccido vendeva più copie di qualsiasi conversazione con Dio, si sono limitati a scuotere le spalle: «Faletti, chi, il comico?». Non hanno ancora digerito Dumas e Salgari, figurati uno che faceva Vito Catozzo a Drive In. Ma poi, questo popolo, non è mica quello sovrano e risorgimentale di Magni. È un popolo imprevedibile. È il popolo che non si riconosce nella Fiom e tradisce la sana rappresentanza sindacale. È il popolo che pensa a sopravvivere. È quello che il pomeriggio si imbastardisce davanti a Uomini e Donne. È il popolo che Veltroni vuole ripulire a sua immagine e somiglianza e D’Alema tenere a 12 metri di distanza. No, non si può più votare. La democrazia è bella solo quando vince Draghi.
Non c’è speranza. Non c’è rinnovamento. Pensate a questi cresciuti tra Facebook e Rhianna: una mandria di barbari. Sono una mutazione genetica che calpesta le cattedrali del Novecento. È gente che fa rave party sui romanzi di Calvino. Sono quelli che quando pensano ai 300 delle Termopili hanno in testa una sorta di cartone animato. Gente che scrive senza punti e virgola. Solo Baricco può trovarli interessanti.

La democrazia è inutile per questo: che fatica fare l’élite di un popolo così maledettamente reale. Ecco allora il passaparola. Si sono convinti che aveva ragione Nanni Moretti in quel cortometraggio del 1973: «Siamo seri, ma che ci frega a noi dei desideri delle masse».

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