E per sopravvivere l’auto si scopre «mini»

Scordiamoci il passato. E anche il presente. Le auto che guideremo nel futuro prossimo saranno meno simboli di status e più di concretezza. Mirate all’efficienza piuttosto che all’ostentazione, a cominciare dal risparmio di energia, e alla massima funzionalità. Lo ha ben capito nella patria madre della grande crisi il presidente Barack Obama: è venuto il momento di dire addio alle tradizionali e ormai insostenibili macchinone a stelle e strisce, veri monumenti allo spreco di spazio e di carburante che le ormai ex Big Three di Detroit hanno tentato per decenni di rifilare anche a noi europei. Senza grande successo, neppure ai tempi delle vacche grasse, figuriamoci adesso. E con il risultato di mangiarsi un po’ alla volta anche il mercato di casa, a beneficio soprattutto dei più concreti e innovativi costruttori asiatici.
Già la dice lunga il fatto che Chrysler, il costruttore di giganteschi pick-up come la Dodge Ram, per vedere una luce in fondo al tunnel debba aggrapparsi a chi fabbrica la Panda e la 500, cioè Fiat. Certo, la questione è prima di tutto di dimensioni. Perché più persone e bagagli si riescono a trasportare e parcheggiare in poco spazio e meglio è, specie nelle grandi città. E ciò spiega il successo crescente su tutti i mercati delle city-car. Siamo di fronte a un ritorno al piccolo che si coniuga - facendo tesoro della lezione dell’informatica e in generale dell’high tech - con la miniaturizzazione dei componenti, finalizzata ove possibile al risparmio di peso. Perché ogni centimetro cubo e ogni chilo risparmiato si traducono contemporaneamente in una riduzione dei consumi (dunque delle emissioni) e nel miglioramento della dinamica di guida. Trovano in questo la loro ragion d’essere modelli innovativi come la Toyota iQ, che offre quattro posti in tre metri, o tecnologie come il sistema Multiair di Fiat Powertrain Technologies che promette di rendere attraente anche un motore di soli due cilindri come quello previsto per la riedizione della Topolino.
La crisi economica e l’esigenza che si sta trasformando in necessità di una mobilità sostenibile hanno sdoganato anche le utilitarie low cost (oggi le Dacia di Renault e domani l’indiana Tata Nano) e le vetture ad alimentazione alternativa. Vanno forte, infatti, i modelli a gas metano o Gpl fino a ieri sinonimo di auto dei poveri e che oggi fanno addirittura tendenza. In attesa, domani, della nuova promettente generazione di auto elettriche ricaricabili alla normale presa di corrente che molti costruttori, da Mercedes a Bmw, dall’alleanza Renault-Nissan a Mitsubishi, Volkswagen e altri ancora stanno mettendo alla prova.

Con l’incognita non tanto della tecnologia quanto piuttosto della mancanza di infrastrutture e dei costi annessi alla conversione alle nuove fonti di alimentazione. L’esperimento che Smart ed Enel si preparano ad avviare a Roma, Milano e Pisa l'anno prossimo, potrà dirci molto in proposito.

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