nostro inviato a Madrid
Immaginate un pianoforte a coda nero nel prato verde di un grande parco, migliaia di persone. E immaginate ora un ragazzo vestito di nero che suona unaria di walzer vagamente malinconica, una collina alta scolpita nel prato piena di alberi e siepi, un vialetto che ci si arrotola intorno fino in cima. E immaginate anche che ci sia il sole, dei ragazzi che regalano fiori bianchi, la folla incolonnata in un pacifico corteo, e che una delegazione di vittime di tutti i terrorismi dEuropa salga su quella collinetta insieme alle vittime spagnole, infilando i fiori tra i rami degli alberi in ricordo dei loro caduti. Immaginate anche che sia l11 marzo, e che il parco, la collina e i ragazzi, e i fiori e le delegazioni, si trovino davanti alla stazione di Atocha. Contro il terrore, esattamente cinque anni dopo la più grande strage che il vecchio continente abbia mai conosciuto: 191 vittime, 1800 feriti. Tutte le vittime dEuropa, unite dalla lotta contro la violenza.
Ecco, la Spagna ieri era questo. Ma aveva anche unaltra faccia: una polemica istituzionale feroce fra maggioranza e opposizione, in un Paese dilaniato dalla crisi, sconvolto da scandali incrociati: giudici che indagano sui politici, politici che attaccano i giudici, destra e sinistra che si accusano e si delegittimano. È lItalia? No, Madrid. I fatti, sono questi: un piccolo watergate che colpisce i dirigenti del Partito popular di Aznar; alcuni dei più importanti dirigenti del Pp indagati per episodi di corruzione dal supermagistrato progressista Baltasar Garcon; il Pp che contesta la legittimità dellinchiesta; Garcon indagato, a sua volta per 200 mila euro incassati per lezioni in America; la presidente della municipalità di Madrid, Esperenza Aguirre (Pp) che insabbia la commissione di inchiesta sulla vicenda dello spionaggio; il Partito Socialista che per protesta non partecipa alle commemorazioni organizzate dalla municipalità per «l11 M.»; il governo di Luis Enrique Zapatero che, incredibilmente, si astiene a sua volta da qualsiasi cerimonia. «I partiti, almeno oggi commenta Cristina Cuesta, presidente di una delle associazioni vittime spagnole avrebbero dovuto lasciare da parte le loro divisioni». Ecco, tutto ciò accade con la stessa ferocia e la stessa spietatezza della politica italiana. Solo che a Madrid, nel cortocircuito e nellimpazzimento delle istituzioni, la società civile si organizza da sé, con la forza che abbiamo raccontato. Così la rete antiterrorismo dellUe ha approfittato dellanniversario per organizzare uno straordinario convegno internazionale.
A Madrid, ieri cerano vittime del terrorismo politico, delle guerre civili indipendentiste, della violenza integralista religiosa o internazionale; i sei rappresentanti italiani dellAssociazione delle vittime del terrorismo politico (rosso e nero): i parlamentari Sabina Rossa (Pd) ed Enrico Musso (Pdl). Cera il cittadino irlandese che ha perso prima il fratello, e poi dieci anni più tardi il figlio; cè la storia dellassociazione francese, nata dopo labbattimento da parte del governo libico di un Dc10 nel deserto: venti anni di battaglie per ottenere risarcimenti uguali per tutti da Gheddafi. Cera Dante Notaristefano, presidente dellassociazione italiana, che punta il dito su «La monopolistica e paradossale dittatura della testimonianza degli ex terroristi, lassurdo per cui i carcerieri di Aldo Moro per esempio possono continuare a tenerlo prigioniero attraverso un uso strumentale della memoria». Cè Angeles Pedrassa, rappresentante delle vittime basche, che denuncia «il tentativo ideologico di far passare i terroristi come combattenti». Unaltra basca, Cristina Cuesta: «Il terrorismo diventi crimine contro lumanità anche per la Corte penale internazionale». E un altro italiano, Roberto Della Rocca: «Sono inaccettabili la strategia di concedere ai terroristi lo status di rifugiati politici, la dottrina Mitterrand, lindulgenza con personaggi come Cesare Battisti. Inaccettabili le coperture politiche e legali a chi si è macchiato di reati di sangue, dopo anni di esaltazioni ideologiche e di prediche dei cattivi maestri».
Senti questo incredibile cumulo di storie, da un capo allaltro dEuropa, e scopri che storie diversissime sono unite da un minimo comune denominatore: il desiderio di impunità dei carnefici, la loro arroganza, la solitudine di soffre il lutto, la difficoltà di agire delle istituzioni, ovunque. Fra tanti delegati, curiosamente, solo gli italiani non citano i propri lutti. Per esperienza, per pudore. A Della Rocca, allepoca capo personale della Motomeccanica, spararono alle gambe, nel 1980. Notaristefano, allepoca consigliere comunale Dc si trovò davanti la brigatista Nadia Mantovani. Era il 1977, non senti i colpi.
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