Ecco i luoghi dove Jünger fece l'amore con la guerra

Quel "terribile amore per la guerra", come lo ha definito lo psicologo junghiano James Hillman, è una componente insopprimibile della psiche umana che, se non giustifica del tutto, spiega almeno in parte l'invincibile influsso esercitato dal dio Marte sull'umanità, soprattutto nella sua parte maschile

Ecco i luoghi dove Jünger fece l'amore con la guerra

Eroico combattente, raffinato scrittore, instancabile viaggiatore e, infine, distaccato e ironico patriarca, Ernst Jünger (1895-1998) è stato uno dei più significativi testimoni della cultura germanica del Ventesimo secolo. Diventato famoso in tutto il mondo grazie allo straordinario successo della sua testimonianza di soldato della Grande guerra, pubblicata nel 1920 con il titolo In Stahlgewittern e nota in Italia come Nelle tempeste d'acciaio (ultima edizione Guanda), Jünger è stato anche, nel corso della sua lunghissima vita, romanziere, entomologo, saggista e prolifico estensore di apprezzati diari. Opere di narrativa come Sulle scogliere di marmo, Heliopolis o saggi come L'operaio e Avvicinamenti sono diventati dei classici della letteratura tedesca così come lo sono ancora i suoi diari non bellici, da Giardini e strade a Irradiazioni fino ai volumi di Siebzig Verweht mai tradotti in italiano.

La Prima guerra mondiale, però, è rimasta la sua esperienza più significativa, sia come uomo, sia come scrittore, come dimostra la sua produzione letteraria riferita a quegli eventi: oltre alle Tempeste d'acciaio, Jünger scrisse altre apprezzate opere di narrativa come Boschetto 125, Il tenente Sturm e Fuoco e sangue. A questi va aggiunto il saggio Il combattimento come esperienza interiore, dove elabora una originale estetica della guerra nella quale, secondo il suo parere, si manifesta la potenza quasi divina: «Dinanzi a questo portentoso e incessante scorrere verso la battaglia, tutte le opere perdono di significato, tutti i concetti si svuotano di fronte alla manifestazione della potenza elementare che sempre fu e che sempre sarà». Parole che oggi, dopo un secolo insanguinato da orrori e genocidi, suonano certamente stridenti, ma che descrivono efficacemente quella irresistibile attrazione per la guerra che tra il 1914 e il 1918 spinse le migliori gioventù europee a massacrarsi nelle fangose trincee del Vecchio Continente.

Quel «terribile amore per la guerra», come lo ha definito lo psicologo junghiano James Hillman, è una componente insopprimibile della psiche umana che, se non giustifica del tutto, spiega almeno in parte l'invincibile influsso esercitato dal dio Marte sull'umanità, soprattutto nella sua parte maschile. È stato probabilmente questo fascino a muovere Nils Fabiansson, un giovane archeologo svedese - tre caratteristiche che sembrerebbero non avere nulla a che vedere con le trincee tedesche di 100 anni fa - a mettersi alla ricerca dei campi di battaglia descritti dal celebre scrittore nei suoi libri, confrontando le sue diverse testimonianze per verificare cosa resta oggi di quei «paesaggi con rovine». Il risultato è raccontato in un volume illustrato uscito nel 2007 e finalmente tradotto e pubblicato in italiano: Ernst Jünger nelle tempeste d'acciaio della Grande guerra (Italia Storica, pagg. 188, euro 25), libro che vuole essere un «compendio documentale e fotografico sull'esperienza di guerra del Tenente Ernst Jünger nel primo conflitto mondiale», come recita il sottotitolo.

Archeologo appassionato di gesta belliche, Fabiansson rimane affascinato dalla lettura del capolavoro jüngeriano Nelle tempeste d'acciaio e decide di seguire le orme lasciate nelle sue opere dello scrittore soldato per ricostruire le sue gesta sui teatri bellici reali.

Quello che colpisce di più l'archeologo svedese è «la mescolanza di contemporaneo e per molti aspetti di medievale nell'aspetto di quella guerra: le corazze, i pesanti elmetti metallici, i cavalli di Frisia, i lanciagranate improvvisati, le mazze ferrate, le gallerie e le fortificazioni», oltre al fatto squisitamente archeologico che, «diversamente dalla maggioranza delle altre guerre, le tracce del suo passaggio sono ancora presenti lì dove è avvenuta», come dimostra il suo libro. Il volume è diviso quasi a metà tra una prima parte che descrive la vita e le gesta del giovane Jünger e una seconda parte, decisamente più riuscita, ricca di illustrazioni, mappe, fotografie e testimonianze che mettono a confronto gli eventi bellici di oltre un secolo fa con i paesaggi contemporanei. Le fonti utilizzate da Fabiansson sono letterarie e diaristiche. Oltre alle opere letterarie, infatti, Jünger ci ha lasciato le sue annotazioni quotidiane, raccolte in una serie di taccuini che furono la base per i suoi libri successivi, e che sono stati pubblicati in italiano una decina di anni fa come Diario di guerra 1914-1918 in una splendida edizione curata da Helmut Kiesel dalla Libreria Editrice Goriziana.

Come è noto, lo scrittore combatte praticamente lungo tutto il periodo della guerra, e da soldato semplice viene promosso sul campo a sottotenente e infine a comandante di compagnia. Quando scoppia il conflitto, il diciannovenne Ernst Jünger si presenta al distretto militare come volontario e viene destinato al 73º reggimento di fanteria «Hannover». Inquadrato in questo reparto di fucilieri, combatte nelle trincee nella Champagne e nella Artois e prende parte alle battaglie sulla Somme e nelle Fiandre, per finire con i ripiegamenti e le battaglie difensive nella fase finale della guerra. Il suo «cuore avventuroso» gli permette di vivere quelle terribili esperienze con totale sprezzo del pericolo, spinto dal desiderio di vivere un'esperienza esistenziale affascinante proprio perché estrema: come dirà molti anni dopo in un'intervista, la sua visione della guerra «era animata da un senso di attivismo eroico», che gli costa una ventina di ferite e una serie di decorazione al valore, tra le quali la più ambita, l'Ordine Pour le Mérite, onorificenza prussiana creata da Federico II e concessa direttamente dall'imperatore.

Nils Fabiansson racconta queste vicende in modo preciso, incorrendo però in un paio di inesattezze, che si possono giustificare dal suo essere archeologo: non è assolutamente vero, infatti, che «a renderlo noto al grande pubblico furono i suoi esperimenti con l'LSD che intraprese con lo scopritore della droga, Albert Hofmann», così come è quanto meno azzardato affermare che Nelle tempeste d'acciaio sia stato «giudicato anche all'estero un libro antimilitarista», due affermazioni che cozzano contro la realtà di uno Jünger che viene ammirato innanzitutto come scrittore, e non certamente come «antimilitarista», tanto che venne appropriatamente definito come «l'anti-Remarque».

Del libro Ernst Jünger nelle tempeste d'acciaio della Grande guerra si apprezza soprattutto, come già osservato, il ricco apparato iconografico, utile anche a chi volesse intraprendere un trekking bellico sulle orme del grande scrittore-soldato, tra resti di trincee, reticolati ancora utilizzati dai contadini e imponenti cenotafi in memoria dei combattenti di tutte le nazioni che si sono massacrati a vicenda. Tra le illustrazioni del volume è interessante leggere la riproduzione di un'intervista a Jünger pubblicata il 29 novembre 1929 sul quotidiano inglese The Evening Chronicle, dove chiarisce le sue idee di allora: «L'esperienza di guerra è stata eroica, sensazione condivisa anche dai combattenti nemici. Ritengo che la guerra sia necessaria, dato che è la continuazione della politica con altri mezzi. Sono un discepolo di Nietzsche, e provo il massimo piacere nella lotta per il potere, ovunque si verifichi e chiunque vinca.

Considero i miei libri parte dell'armamento morale e intellettuale necessario per la prossima guerra della Germania, che comunque spero non si verifichi troppo presto». Conclude il volume una ricca bibliografia di testi in lingua straniera.

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