Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
La casa di Montecarlo sarebbe direttamente riconducibile al signor Giancarlo Tulliani, cognato del presidente della Camera, Gianfranco Fini (tuttora indagato per truffa). Lo attesterebbero le conclusioni dell’indagine interna avviata dal ministero della Giustizia di Santa Lucia, l’isola dei Caraibi dove sono state create le società offshore Printemps e Timara, utilizzate per acquistare (e rivendere) l’appartamento monegasco al 14 di Boulevard Princesse Charlotte di proprietà di An. La documentazione proveniente dal paradiso fiscale sarebbe arrivata una settimana fa al ministero degli Affari Esteri. A breve la Farnesina potrebbe anche decidere di trasmetterla al gip di Roma che fra pochissimi giorni (il prossimo due febbraio) dovrà decidere sull’archiviazione o sull’eventualità di avviare nuove indagini. Il carteggio scottante sarebbe custodito nella cassaforte del ministro Frattini, e al momento è top secret.
Dall’isola di Saint Lucia arrivano solo mezze conferme. Il ministro Lorenzo Rudolph Francis, contattato dal vicedirettore del tg di La7, Pina Debbi, ha confermato che le investigazioni sulle società offshore Timara e Printemps si sono concluse, ma al telefono il Guardasigilli caraibico non ha voluto aggiungere una parola di più. Va ricordato che secondo le prime risultanze di questa stessa indagine, che Francis comunicò nel celebre “confidential memo” diretto al primo ministro dell’isola Stephenson King, era emerso che proprio il «cognato»di Fini,Giancarlo Tulliani, fosse il «beneficiario effettivo » delle due società, e dunque anche della casa monegasca. Siamo dunque alla svolta nella ricostruzione societaria dellaproprietà del quartierino nel Principato sulla quale persino il presidente della Camera, dopo tre mesi di imbarazzo, in un videomessaggio arrivò a sollevare dubbi pesantissimi sul cognato. Dubbi palesati proprio in seguito alle rivelazioni arrivate dai Caraibi, con la lettera riservata su Tulliani «beneficial owner», datata 16 settembre 2010, pubblicata da più quotidiani di Santo Domingo e poi confermata nella sua autenticità, in due diverse conferenze stampa organizzate nella sede del governo locale, nella capitale Castries, dalle autorità di Saint Lucia.
A innescare l’indagine relativa alla lettera, spiegò l’«attorney general» Francis, il timore della pubblicità negativa per il piccolo Stato caraibico provocato dallo scandalo sollevato dal Giornale.
E le prime informazioni raccolte avevano fatto appunto individuare in Tulliani il «nome» coperto dalle due offshore di Saint Lucia. Ma il castello d’occultamento era ormai sotto attacco per l’inchiesta governativa. Quella che adesso si è conclusa. Il fascicolo conterrebbe, tra l’altro,anche una serie di e-mail scambiate tra i referenti delle società a cui il proprietario della casa di Montecarlo si sarebbe rivolto per «nascondersi»al momento dell’acquisto. Il blitz a Saint Lucia del direttore dell’«Avanti» Valter Lavitola, che tanto fece discutere, era incentrato proprio su un messaggio di posta elettronica in cui James Walfenzao, il fiduciario che firmò per conto di Printemps l’acquisto dell’appartamento da An, spiega ai suoi referenti a Saint Lucia di essere preoccupato per lo scontro tra Berlusconi e Fini perché «la sorella del cliente sembra avere uno stretto legame con uno dei due politici coinvolti». Nel materiale giunto da Saint Lucia, dunque, potrebbero nascondersi molte sorprese.
Intanto, contro l’opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Roma sull’ affaire monegasco, la difesa di Gianfranco Fini, indagato per truffa, si affida a una memoria difensiva presentata dai suoi legali, Giuseppe Consolo e Francesco Compagna, che in gran parte sembra far affidamento più che sulle proprie argomentazioni sulle convinzioni espresse dai pm romani. Il documento è infarcito di espressioni colorite dirette al Giornale , definito «dichiaratamente ostile » a Fini. Per diluire la vistosa mancanza di congruità del prezzo di vendita, congruità negata dalle stesse autorità del Principato ( il valore tra ’99 e 2008 è cresciuto del 300 per cento, non del 30), si smentisce l’esistenza di «concrete offerte» superiori al prezzo di 300mila euro a cui la casa venne venduta alla Printemps. Sulle offerte rifiutate, però, il Giornale aveva raccolto diverse testimonianze. E così la difesa di Fini arriva a depositare come allegato l’«autosmentita » di Giorgio Mereto sul Corriere della Sera , «incautamente indicato dal Giornale come autore di una lauta offerta nel 2008», secondo i legali finiani. Peccato che quelle dichiarazioni di Mereto ( registrate, dunque a prova di smentita) erano relative alla presenza di Fini a Montecarlo, non a fantomatiche offerte dello stesso per l’immobile. Eppure i legali di Fini nella memoria citano qualcuno che l’offerta l’aveva fatta eccome, ossia Filippo Apolloni Ghetti. Ma ne parlano indicandolo come interlocutore di un Fini incerto sul valore della casa, che avrebbe dato al leader una «incredibile valutazione» (1,3 milioni di euro). Dimenticandosi, dunque, che Apolloni Ghetti ha dichiarato pubblicamente di essersi offerto, direttamente con l’ex delfino di Almirante, per comprare quella casa, nel 2002, per un milione di euro. Fu Fini a rifiutare, per ragioni di opportunità, di vendere a un dirigente dell’allora An la casetta del Principato. Quella in cui sei anni dopo, grazie alla cessione alle «misteriose» ma non troppo offshore, è andato a vivere il «cognato », Giancarlo Tulliani.
Diventato inquilino dopo l’interessamento personale ai lavori di ristrutturazione della sorella Elisabetta e solo dopo l’installazione della famosa cucina Scavolini acquistata da Fini e signora a Roma, che s’è dimostrato essere stata montata a Montecarlo come le fotografie pubblicate dal Giornale il 28 settembre attestano. Al di là di ogni irragionevole dubbio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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