Ecco come una squadra può diventare una famiglia

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È un peccato che Roberto Scarpini, il direttore di Inter Channel, non abbia ripreso la riunione svoltasi alla vigilia di Natale nel salone di via Durini che, per la bellezza degli arredi e la preziosità del lampadario, non ha niente da invidiare alla sala ovale della Casa Bianca. Anzi. Si sarebbero resi conto i tifosi, e non solo, di come l’Inter abbia mantenuto quel sapore famigliare che in altre società è stato letteralmente sopraffatto dalla cosiddetta managerialità. Accanto a Massimo Moratti c’era sua moglie Milly che si è spesa molto nel progetto sulla celebrazione del Centenario: sua l’idea di affidarne la creatività e la realizzazione a Oliviero Toscani, amico di casa oltre che guru della comunicazione. Attorno al tavolo, rigorosamente circolare, tutti coloro che per un verso o per l’altro hanno avuto una parte in questo evento: dai dirigenti della società ai ragazzi della Sterpaia, il laboratorio creato da Toscani. E lui Oliviero a invadere la scena come un direttore d’orchestra per presentare in anteprima l’Almanacco dell’Inter: un volume di oltre 600 pagine e 500 fotografie, in formato gigante, del peso di 8 kg e rotti.
Il valore delle immagini ha cannibalizzato ogni altro discorso. Al diavolo le proposte, meglio osservare quelle foto a doppia pagina che non raccontano solo la storia di una società, ma fanno da specchio ai profondi cambiamenti cui è andata incontro l’Italia. Basta dare uno sguardo alle maglie dei calciatori, che ai primi del Novecento erano fatte in casa e inevitabilmente si presentano differenti fra loro per foggia e colori, o agli abiti degli spettatori con tanto di copricapo in testa. Identica, sempre, la passione. L’attenzione del presidente si è posata in particolare su due fotografie: la prima ritrae Nacka Skoglund, lo svedese rimasto vittima dell’alcool a fine carriera, la seconda testimonia il gol numero 33 di Angelillo nel campionato 1958-’59 che rappresenta ancora oggi un record nei campionati a 18 squadre. E lì a discutere se si trattava dell’ultima o della penultima rete del campione argentino. Inevitabile un giro in archivio per fare chiarezza.
A un certo punto Massimo Moratti s’è commosso, portando una mano sui capelli e corrugando la fronte, quando si è rivisto con il padre Angelo in una serata di gala degli anni 60. Chissà quali ricordi si sono affastellati nella sua mente. È stato probabilmente in quei momenti che ha deciso, bando ai formalismi, di tagliare il nastro del Centenario nelle stanze amiche di Imbersago dove hanno trovato onori e riparo i campioni della Grande Inter. E dove Milly ha fatto gli onori di casa insieme a Bedi, la sorella di Massimo, popolarissima fra i tifosi per la presenza costante a tutti gli incontri della Beneamata. Può capitare solo qui. A sottolineare che l’Inter appartiene ai Moratti più di quanto la Juventus sia degli Agnelli. Oggi, almeno.
Di tutte queste scelte – effettuate con la collaborazione di Gianpiero Lotito, docente universitario, ma soprattutto storico interista, e di chi firma questo articolo – Massimo e Milly hanno preso atto: né una critica, né un suggerimento, meno che meno una censura. Nella storia dell’Inter rientrano anche il petardo a Dida o il lancio del motorino, e allora che facciano parte del libro e gli diano autorevolezza. La storia non si cancella. Un bell’insegnamento. Sarebbe piaciuto all’Avvocato Agnelli che, alla fine del campionato 1998-’99, rimasto alla storia per il mancato rigore concesso all’Inter, disse che non c’era molto da sorridere.
PS. Nella presentazione dell’Almanacco Oliviero Toscani mi dipinge come un «invasato dell’Inter»: ne sono orgoglioso anche se, a differenza di tutti i famigliari, non sono un tifoso nerazzurro.

A forza di seguirla e di scriverne, ne ho acquisito però un grande rispetto e la convinzione che Brera aveva ragione a definirla una squadra femmina: sensuale, affascinante, ma anche ricca di classe e di charme. Nel mio immaginario l’ho identificata con Maria Callas che mai ha abdicato al sentimento della passione nella sua spettacolare e tormentata vita.

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