Ecco tutti i terroristi che "rischiano" di tornare in libertà

Tra "rossi" e "neri" sono 200 i protagonisti della stagione terroristica ancora detenuti o latitanti. Ci sono Moretti e i compagni del delitto Moro. C’è Sofri. E ci sono i neofascisti della strage di Bologna

Milano Il tempo assottiglia i numeri, ma le cifre sono sempre imponenti. I detenuti ancora legati agli anni di piombo e delle stragi sono novantasette. Settanta di sinistra, ventuno di destra, sei anarchici. Poi ci sono i latitanti: quasi un centinaio, spilli di dolore per le vittime, quasi tutti rifugiati a Parigi e protetti dallo scudo della dottrina Mitterrand, rivisitata, aggiornata e alla fine sempre valida. Dal 1962, morte di Gaspare Erzen, al 2003, omicidio di Emanuele Petri, si stende un cimitero di 379 croci. Dall’altra parte un miniesercito di seimila terroristi è passato per le patrie galere.
Oggi il carcere e la fuga riguardano complessivamente duecento persone. Forse meno. Ma un provvedimento di clemenza, tecnicamente complicato, chiuderebbe comunque i conti con una stagione lunghissima e sanguinosissima. E metterebbe a posto, definitivamente, situazioni diverse. Lontane l’una dall’altra. Fra i settantuno detenuti di area brigatista, quarantasette non usufruiscono di alcun beneficio, ma dentro questo perimetro, una sorta di nocciolo duro dell’ideologia terrorista aggiornato in tempo reale, troviamo di tutto, compresi gli assassini di Enzo D’Antona e Marco Biagi, insomma l’ultima, quasi contemporanea leva degli eredi di Curcio e Franceschini.
Un condono libererebbe anche loro? In teoria sì, anche se nessuno in Parlamento è pronto a scommettere un centesimo sul futuro di una legge buonista. Certo, un indulto, o addirittura l’amnistia che estingue non solo la pena ma anche il reato, porterebbe al liberi tutti. Uscirebbero anche gli irriducibili che firmarono gli omicidi dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti, 10 febbraio 1986, e dell’economista Roberto Ruffilli, 16 aprile 1988. Per esempio Maria Cappello e il marito Fabio Ravalli, pure condannati per la rapina di via Prati di Papa a Roma in cui morirono due agenti.
Naturalmente, le Camere potrebbero modellare e perfezionare lo strumento legislativo. Ma una norma cancellapassato si dovrebbe applicare anche a chi è fuggito. Qualche nome? Alessio Casimirri, ergastolo per il delitto Moro, mai arrestato e oggi apprezzato ristoratore a Managua in Nicaragua. Oppure, Rita Algranati, consegnata alle autorità italiane dagli algerini nel 2004 e in carcere, sempre per la morte dello statista democristiano, «solo» da cinque anni.
L’elenco dei parigini è poi lunghissimo. C’è Giorgio Pietrostefani, condannato a 22 anni per il delitto Calabresi, e c’è Marina Petrella, ergastolana, arrestata ma poi salvata per ragioni umanitarie direttamente dal Presidente Nicolas Sarkozy. E ancora, Roberta Cappelli, oggi commerciante, e l’ex marito Enrico Villimburgo, ricercati per la mattanza romana delle Br: una colonna sonora di morte che comprende Moro, Minervini, Bachelet, il generale Galvaligi.
Sempre in Francia hanno trovato riparo alcuni reduci dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, feroce meteora nel magma delle sigle rivoluzionarie sul finire degli anni Settanta. Militava nei Pac Luigi Bergamin, la pena fissata in 26 anni; era nel commando che il 16 febbraio 1979 giustiziò il macellaio Lino Sabbadin, Paola Filippi, oggi interprete e aiuto psicologa negli ospedali della capitale francese. Con lei, quel giorno a Santa Maria di Sala, vicino Venezia, sparò anche Cesare Battisti, il cui caso ha provocato un putiferio nei rapporti fra Italia e Brasile.
Battisti è detenuto nel carcere di Papuda, ma il Governo di Brasilia gli ha già concesso l’asilo politico. L’indulto riguarderebbe, sempre sulla carta, anche lui e la sua sentenza, oggetto di dispute giurisprudenziali accesissime e al centro di una specie di tiro alla fune fra Roma e Brasilia. In realtà, tutti i delitti avvenuti fino al 1979 sono etichettati come comuni, proprio come quelli attribuiti a Battisti, perché l’aggravante del terrorismo è stata introdotta dal legislatore solo in quell’anno.
Fuori tutti. Rossi e neri. Anche i 23, Br e dintorni, che già hanno un piede al di là della cella perché semiliberi: come il capo dei capi Mario Moretti o Paolo Persichetti, l’unico estradato in tutti questi anni da Parigi. Ancora, il cosiddetto colpo di spugna cancellerebbe anche quell’ultima pena del tutto virtuale che è la libertà condizionale. In questo caso verrebbe accelerato il ritorno alla normalità per personaggi eccellenti della nostra storia più cupa: Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, killer dei Nar, condannati, fra le polemiche, anche per la strage di Bologna, e Barbara Balzerani, figura di spicco nell’album delle Brigate rosse.

Lo «scivolo» aiuterebbe anche un altro nome pesante nella storia più nera del Paese: Pierluigi Concutelli. Tre ergastoli sulle spalle, ma «detenuto» in casa per le pessime condizioni di salute. Anche per lui, cadrebbe l’ultimo velo.

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