La guerra in Ucraina non si combatte solo sul campo di battaglia. I fronti sono molteplici, soprattutto quelli economici. Tra questi, il petrolio svolge un ruolo chiave. Martedì 5 settembre, l’Arabia Saudita ha comunicato la sua decisione di estendere per altri tre mesi il suo taglio alla produzione di greggio, pari a un milione di barili al giorno (1,59 milioni di ettolitri). A stretto giro, anche la Russia ha annunciato che seguirà questa strada, mantenendo fino a fine dicembre la riduzione di 300mila unità giornaliere.
La notizia non è arrivata come una sorpresa. Già ad agosto Riad ha anticipato questa mossa con un comunicato. Il preavviso da Mosca, invece, è arrivato ad inizio settembre durante una riunione del governo russo trasmessa in televisione. Il mercato ha reagito con un’impennata dei prezzi: il Brent (prezzo del petrolio del mare del Nord) ha superato la soglia di 90 dollari al barile, toccando i massimi dallo scorso dicembre. L’indice Wti (West Texas intermediate) è salito del 2,55%, arrivando a 87,73 dollari al barile.
Questa decisione, finalizzata a ridurre l’offerta e a stimolare i prezzi, si inserisce all’interno della strategia di lungo termine dei due Paesi. La Russia ha l’obiettivo di massimizzare le entrate derivanti dalla vendita di idrocarburi per finanziare la guerra in Ucraina, in un momento in cui le sue esportazioni sono strangolate dalle sanzioni internazionali e il rublo è indebolito rispetto all’euro e al dollaro. L’Arabia Saudita, invece, vuole mantenere alti i prezzi per finanziare Vision 2030, l’ambizioso piano di revisione economica del regno.
La comunione di intenti tra Mosca e Riad è anche uno schiaffo agli Stati Uniti e ai loro alleati occidentali. Già l’anno scorso l’Opec+ (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio), di cui Russia e Arabia Saudita fanno parte, ha deciso di tagliare la produzione di barili, nonostante le richieste di Washington di aumentare la produzione per abbassare i costi dell’energia a livello mondiale, schizzati verso l’alto con lo scoppio del conflitto in Ucraina. L’organizzazione ha ribattuto che la sua decisione era necessaria per mantenere stabile il mercato. La visita fallimentare del presidente Joe Biden in Arabia Saudita nel luglio del 2022 ha suggellato la sconfitta dell’Occidente in questa battaglia. In particolare, la Russia ha continuato a guadagnare un quantitativo di denaro sufficiente a mantenere attiva la produzione di armi e lo schieramento dei soldati sul fronte ucraino.
Con l’arrivo dell’inverno, una delle ipotesi è che le bollette tornino a salire e che l'obiettivo di soffocare economicamente la Russia si allontani ulteriormente.
La spaccatura sempre più profonda tra Washington e Riad, inoltre, potrebbe influenzare anche gli equilibri nel Medio Oriente, con la presenza sempre più ingombrante di “nuovi” attori, come Russia e Cina, in una zona del mondo che, per anni, è stata appannaggio degli americani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.