Addio a Zucchi. E alle lenzuola del boom

Il gruppo milanese è stato leader europeo nel tessile per casa

Addio a Zucchi. E alle lenzuola del boom

Il nome di Giordano Zucchi morto a Milano a 92 anni - è uno di quelli che si sono intrecciati con il boom economico del dopoguerra, entrando nelle case degli italiani sotto forma di lenzuola, tovaglie, tendaggi, tappezzerie. «Ci auguriamo che la gente stia di più a letto» dichiarò nel 2001, quando la crisi innescata dalle Torri gemelle mise a rischio i consumi, ricordando che su 100 lire spese in biancheria per la casa 70 riguardavano la camera da letto.

Parlava da leader di mercato, perchè con l'acquisizione della concorrente Bassetti era diventato primo in Italia e in Europa. Furono stagioni di espansione per quella piccola realtà che il padre, Vincenzo, aveva fondato nel 1920 a Casorezzo e che Giordano si era ritrovato sulle spalle, con pieni poteri, a vent'anni, ben prima della laurea alla Bocconi. «Siamo cresciuti quando il mercato non cresceva» raccontava, rivendicando la scelta di espandersi per acquisizioni, «comprando quote di mercato». Lo scopo era quello di diventare «più verticali per completare il ciclo produttivo: oltre che tessitori siamo diventati filatori, tessitori di spugna, tintori, stampatori, confezionisti».

Nel 1982 la quotazione alla Borsa di Milano, nel 1986 l'acquisto di Bassetti, marchio storico allora appartenente al gruppo Marzotto, che restò nel capitale con il 25%: in quegli anni Zucchi-Bassetti arrivò a fatturare 200 miliardi di lire, con 1.320 dipendenti e il 20% del mercato italiano. Bassetti a sua volta fu quotata, successivamente incorporata e tolta dal listino di Piazza Affari. Negli anni Novanta-Duemila il declino del gruppo fu lungo e doloroso, fatto di ristrutturazioni, chiusure di stabilimenti, perdite, ricapitalizzazioni, nuovi soci: molti ricorderanno che a un certo punto azionista di maggioranza con il 56% si ritrovò un calciatore, Gigi Buffon della Juventus, che, forse mal consigliato, riuscì a perdere la gran parte dei 27 milioni che aveva versato. Oggi la maggioranza è di un fondo francese. Nel frattempo era cambiato il mondo: prodotti provenienti dalla Cina e nuovi modelli di distribuzione penalizzarono chi era ancorato alle proprie tradizioni.

Giordano Zucchi, che non faceva più parte dell'azienda ormai da molti anni, è ricordato da tutti come un uomo brillante, simpatico, mondano. Negli anni Settanta si candidò alle politiche per il Partito repubblicano, ma rimediò talmente pochi voti da chiudere subito con le aspirazioni politiche. Di sé, con autoironia mista a finta modestia, diceva: «Non avevo vocazioni, non ero un genio matematico, avevo pochi talenti che ho sempre provato a spendere al meglio». Aveva delle passioni: la vela, nella sua Portofino, dove gareggiava con l'amico Giorgio Falck, e gli scacchi, ai cui tornei per Vip non mancava mai.

Qualcuno ricorda che vent'anni fa a Torino il campione del mondo Boris Spassky sfidò in simultanea 26 avversari: uno era lui. Tutti battuti, tranne il presidente della Fiat, Paolo Fresco, e il musicista Ennio Morricone, che chiusero con un pareggio.

Alla fine delle serate, Zucchi rallegrava tutti «con raffiche di battute». Negli anni Duemila fu anche uno dei 13 componenti del Consiglio superiore della Banca d'Italia, incarico di grande prestigio per un imprenditore.

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