
Menarini cresce con forza anche nel 2024: il fatturato consolidato della prima azienda farmaceutica italiana ha toccato i 4,6 miliardi di euro, con una crescita del 5,2%: un ritmo che si mantiene regolare ormai da tre anni e che ha permesso alla società fiorentina di aumentare i ricavi di oltre il 50% dal 2010. Un risultato dovuto, oltre al pilastro tradizionale del primary e secondary care, allo sviluppo dell'oncologia, ormai secondo pilastro del gruppo: dal 2020, quando in pieno lockdown Menarini ha acquisito in Usa la società Stemline, il fatturato del settore è arrivato da quasi zero fino ai 530 milioni del 2024, di cui 450 nel Stati Uniti, che sono così diventati il secondo mercato per il gruppo fiorentino.
Il bilancio 2024 è stato presentato ieri a Firenze da Lucia Aleotti, azionista di controllo e consigliere di amministrazione di Menarini, e dal ceo Elcin Barker Ergun. «I risultati ha detto Aleotti - sono stati particolarmente buoni perché negli ultimi tre anni abbiamo perduto brevetti per oltre 300 milioni di fatturato che siamo riusciti a recuperare e poi superare». E così è stato anche nei margini: «L'ebitda è cresciuto nel 2024 a 430-460 milioni» contro i 350 del 2023, che riflettevano la frenata dovuta all'enorme sforzo compiuto negli Usa. «La redditività ha aggiunto Aleotti segue la nostra politica di investimenti in ricerca e sviluppo: 500 milioni nel 2024, pari all'11% del fatturato, contro i 470 del 2023». Allo stesso modo «proseguiamo nella strategia di avere bilanci puliti e di non distribuire dividendo ai soci» come Menarini fa ormai da 25 anni, scegliendo di reinvestire tutti i profitti.
«Le sfide però saranno sempre più grandi», dice Aleotti, e per affrontarle serve una scossa soprattutto all'Europa. Non è tanto per il tema dei dazi che, dice la ceo del gruppo «non ci riguarda perché nel mercato Usa operiamo dall'interno». La questione è più generale e Lucia Aleotti che è anche vicepresidente di Confindustria con delega al Centro Studi non ci gira intorno: «L'Europa si è fatta male da sola. Mario Draghi ha parlato di dazi autoinflitti, che sono le burocrazie, le tracciature, obblighi, obblighi e obblighi. Nelle sperimentazioni cliniche le aziende Usa erano al primo posto, ma le europee al secondo e le cinesi lontane anni luce. Oggi c'è stato il ribaltone: la Cina corre e le imprese Ue sono crollate lasciando spazio di innovazione e competitività tutto guadagnato dalle cinesi. Così la Ue ha voluto imprigionare lo spirito imprenditoriale e non c'è niente di peggio».
Peccato, perché le potenzialità del settore, soprattutto nell'oncologia dove Menarini sta crescendo di più, sono enormi: «Anche grazie all'intelligenza artificiale generativa dice la ceo Barker Ergun siamo alle soglie di un nuovo rinascimento per la sanità». Speriamo che l'Europa lo sappia cogliere.
L'Italia
resta comunque il primo mercato di Menarini, con quasi un miliardo di fatturato. Mentre il 79% arriva dai 140 Paesi in cui è presente il gruppo, che conta 17.800 dipendenti, 18 stabilimenti produttivi e 9 centri di ricerca.
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