Fino a quando non sarà chiaro che è «disponibile» un'energia alternativa e che è «accessibile economicamente», dovremmo smettere di sognare di eliminare l'elettricità prodotta col carbone entro il 2030: c'è tutta la concretezza, forse venata da quel filo di prepotenza di chi sa di essere il primo azionista dell'Eurozona, nelle parole con cui il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, leader dei liberali, ha affossato i talebani del green alla Greta Thunberg.
Il programma della coalizione semaforo Spd-Verdi-Fdp prevede di abbandonare «idealmente» il carbone nel 2030, ha precisato il ministro al quotidiano Kölner Stadt-Anzeiger. Insomma, si tratta di desiderata più che di una decisione effettivamente adottata. Un assist quello di Berlino per la politica dei piccoli passi sul fronte della transizione energetica che il ministro Gilberto Pichetto Fratin sta (faticosamente) portando avanti a Bruxelles, nella piena consapevolezza che un Paese sovrano non può rischiare di lasciare fabbriche e famiglie al buio. Da qui la politica degli approvvigionamenti completata sotto la regia dell'Eni, l'impegno sui rigassificatori e la proposta di portare in Italia il nucleare di nuova generazione, se la popolazione lo vorrà.
Lindner ha aggiunto che «per il clima, la data del 2030 non è comunque utile, poiché per le regole europee le emissioni di CO2 risparmiate in Germania possono ad esempio essere accumulate in Polonia». Il parallelo con Varsavia è poco fortunato, se visto dai libri di storia, ma molto dice di quanto siano bizantine oggi alcune norme Ue. È, infatti, anteponendo l'imperativo della sicurezza energetica che il ministro del governo Scholz ha spronato il suo Paese a concentrarsi sul gas naturale estratto in casa, esortando a intensificarne la domanda. Un punto fermo che nulla toglie alla necessità che l'espansione delle energie rinnovabili vada resa possibile più rapidamente ma che mira a evitare nuovi choc in bolletta, come quello dello scorso inverno a cui Berlino aveva risposto con un piano di aiuti da 200 miliardi.
Va segnalato che in Germania l'eliminazione del carbone entro dicembre del 2030 è già stata fissata per il bacino carbonifero renano. Non è stato invece raggiunto alcun accordo per il bacino carbonifero della Lusazia, per quello di lignite della Germania Centrale e per quelli a est.
La proposta di Lindner non poteva che suscitare immediate polemiche nel mondo degli ambientalisti. Il Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, la più antica e grande associazione di protezione ambientale della Baviera, ha replicato dicendosi fermamente convinta che la data del 2030 non vada scavalcata, altrimenti difficilmente potranno essere raggiunti gli obiettivi climatici. Quanto ai certificati di CO2, «quelli rilasciati in Germania devono essere cancellati, in modo che le emissioni non si verifichino altrove in Europa», ha dichiarato il presidente Olaf Bandt. Più duro il vertice del Spd, partner della coalizione.
«La parola idealmente non è presente nell'accordo. L'obiettivo non è discutere la data, ma le misure di cui abbiamo bisogno ora per espandere rapidamente le energie rinnovabili», ha avvertito l'esponente della Spd, Matthias Miersch.
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