Si era visto già all'indomani della vittoria di Donald Trump. I listini non erano sprofondati come avevano paventato i guru della finanza. E, a due settimane dal trionfo del tycoon alle presidenziali, Wall Street sta continuando la sua corsa record. Il Dow Jones ha, infatti, superato per la prima volta nella sua storia la soglia dei 19mila punti. Dov'è il temuto Armageddon finanziario che avrebbe dovuto sommergere i mercati globali con l'onda alta del panic selling? Trump si è impossessato delle chiavi della Casa Bianca e i listini americani stanno andando a gonfie vele.
Oggi Trump, nel programma per i primi 100 giorni alla Casa Bianca, ha avviato il "Trump Trade" cancellando dalla sua agenda il TPP (Trans-Pacific Partnership), l'accordo di libero scambio tra gli Usa e 11 Paesi che si affacciano sul Pacifico. È il primo passo verso il programma "America First" che prevede lo smantellamento dei trattati di libero scambio stipulati dall'amministrazione Obama, il TTP, il TTIP con l'Europa, che ormai neanche l'Unione europea vuole più, e il NAFTA, il trattato di libero scambio con il Canada e il Messico, stipulato nel 1993. Al loro posto arriverà appunto il "Trump Trade", concetto ancora piuttosto nebuloso nei contenuti ma di grande efficacia politica, fondato su un'idea molto semplice, l'"America First" (l'America al primo posto), più volte declamata da Trump in campagna elettorale, uno slogan che nei fatti si dovrà tradurre in una politica economica più nazionalista e protezionista, e in nuove relazioni internazionali basate su maggiori tariffe doganali verso la Cina e il ritiro dai trattati di libero scambio, accusati da Trump di aver "svenduto l'America".
"La mia agenda sarà fondata su un semplice principio di base - ha spiegato Trump nel video-messaggio di due minuti sui suoi primi 100 giorni - mettere l'America al primo posto. Sia che si tratti di produrre acciaio, costruire auto o curare malattie, voglio che la prossima generazione di produzione e innovazione avvenga proprio qui, nella nostra grande patria: l'America che crea ricchezza e lavoro per i lavoratori americani". I listini americani non sembrano preoccupati del ventilato protezionismo di Trump ma brindano all'abbinamento di una politica monetaria più restrittiva e di una politica di bilancio espansiva a cui si aggiunge l'impennata del greggio, in vista di un possibile accordo dell'Opec sulla produzione petrolifera.Le scommesse sul mercato dei future su un giro di vite del costo del denaro hanno toccato nell'ultima settimana il massimo storico a 2.100 miliardi di dollari. Gli investitori sembrano ora convinti che la strategia del successore di Barack Obama porterà un'accelerata della crescita, un incremento dell'inflazione e un allentamento delle pressioni sulla Federal Reserve, che potrà alzare il costo del denaro. Non solo. L'iniezione positiva degli Stati Uniti, poi, fa da traino alle Borse del Vecchio Continente, tutte in territorio positivo.
L'effetto-Trump, insomma, non c'è stato. E, come era già stato dopo la vittoria del "Leave" al referendum inglese, lo stesso potrebbe avvenire all'indomani del referendum del 4 dicembre. Nel caso in cui venissero bocciate le riforme costituzionali targate Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, l'Italia potrebbe anche non essere travolta dalla bufera finanziaria come paventato in questi giorni dal New York Times e dal Financial Times.
"Che il referendum arrivi presto e che sia fatta democrazia - commenta il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta - perché nulla succederà. Come non è successo nulla in America dopo la vittoria di Trump, come non è successo nulla in Europa dopo la Brexit".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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