Dall'inizio dell'anno, le prime cinque banche italiane hanno messo insieme la bellezza di 18,8 miliardi di euro di profitti. I primi tagli dei tassi d'interesse della Banca centrale europea, per quanto siano arrivati solo a partire dalla metà di quest'anno, sembrano non avere fermato la micidiale macchina da utili del credito italiano, non a caso citato dalle principali agenzie di rating - da S&P a Fitch, fino a Moody's - come uno dei punti di forza a sostegno del rating del Paese. Prendendo le mosse dai conti trimestrali divulgati al mercato nei giorni scorsi, si è appreso che tutti gli istituti hanno soddisfatto o superato le stime del mercato: la prima a pubblicare i suoi risultati è stata Intesa Sanpaolo, guidata da Carlo Messina, che ha realizzato da inizio anno 7,2 miliardi di utili (+17,1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa), un risultato brillante anche per quanto riguarda il tasso di crescita. Prima per ammontare di profitti si conferma Unicredit guidata da Andrea Orcel - alle prese con il tentativo di scalata alla tedesca Commerzbank - che è arrivata a quota 7,7 miliardi (+16%).
Ma se le prime due banche per attivi hanno fatto bene, lo stesso si può dire per il terzetto formato da Banco Bpm, Mps e Banca Bper spesso al centro di indiscrezioni di mercato a proposito della composizione di un possibile terzo polo bancario. La crescita più robusta rispetto all'anno precedente è quella del Banco Bpm guidato da Giuseppe Castagna (+25,1%), arrivato a macinare 1,24 miliardi di risultato (1,69 contando le partite non ricorrenti). Grosso balzo anche per la Mps guidata da Luigi Lovaglio e presieduta da Nicola Maione, quest'ultima riporta all'ultima riga del bilancio un dato positivo per 1,56 miliardi (+68,6%), sebbene questo numero andrebbe depurato dai benefici fiscali, senza i quali l'utile rimarrebbe comunque alla ragguardevole cifra di 1,09 miliardi con una crescita sul 2023 del 18,9 per cento. Per Bper, l'utile è stato di 1,13 miliardi (+4,6%).
Ora, però, tutti gli istituti andranno incontro a una seconda e fondamentale fase del percorso di crescita intrapreso negli ultimi anni. D'ora in avanti, infatti, i tagli ai tassi d'interesse già fatti della Bce (e quelli che probabilmente verranno) si faranno sentire di più sul margine d'interesse (un pilastro fondamentale per i proventi delle banche) ed è da qui che parte la sfida delle commissioni. Non stupisce, in questo senso, che Banco Bpm abbia scelto questo momento per lanciare l'Opa su Anima e riportare il risparmio gestito nel suo perimetro interno e che Mps stia pensando seriamente di riscattare il 50% della partnership assicurativa fatta con Axa per ottenere fino a 80 milioni di utili annui in più. Ma allo stato delle cose chi è messo meglio su questo fronte? Prendendo in considerazione sempre il dato sui nove mesi, che abbraccia l'andamento dall'inizio di quest'anno, si vede che Intesa Sanpaolo ha raccolto commissioni nette pari a quasi 7 miliardi, in aumento del 7,9% rispetto ai 6,4 miliardi dei nove mesi del 2023. A sua volta Unicredit, che paga ancora la sciagurata cessione di Pioneer dell'era Mustier, per questa voce ha incassato 6,1 miliardi, in crescita del 7,2 per cento. Banco Bpm ha invece incamerato poco più di 1,5 miliardi (+3,9%). Sembra essere più in accelerazione, su questo fronte, Mps: le commissioni nette al 30 settembre 2024 sono state pari a 1,09 miliardi, ed evidenziano una crescita rispetto a quelle consuntivate nello stesso periodo dell'anno precedente del 10,7 per cento.
Bper, infine, ha registrato commissioni nette per 1,5 miliardi (+3,5%), con un tasso di crescita apprezzabile ma inferiore ai competitor. Verosimile che il nuovo ad Papa, che ha maturato esperienze nel private banking con Banca Cesare Ponti, abbia il mandato di lavorare molto su questa voce.
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