A tutto risiko. Il consolidamento delle banche italiane è stato al centro degli interventi sollevati nel corso del 126° consiglio nazionale della Fabi. A dettarne modalità e tempi concorreranno la trasformazione digitale in corso, oltre alla gestione del business in tempi complessi come quelli attuali, in cui coesistono tassi di interesse rasoterra, il ritorno dell'inflazione e gli stringenti vincoli di solidità patrimoniale imposti dall'Europa.
«Nei mesi che verranno il cambiamento sarà definitivo e, se non lo gestiremo, ne saremo travolti perché in un mondo in fiamme c'è sempre qualcuno che vorrà trarne vantaggio», ha avvisato Lando Maria Sileoni, segretario nazionale della Fabi, secondo cui «i nuovi piani industriali in arrivo muteranno radicalmente il modello di banca». «Il digitale avrà un impatto significativo relativo al mass market nell'attività di retail banking e comporterà una forte riduzione degli sportelli dedicati alle famiglie», ha infatti preannunciato Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo il cui piano industriale, atteso a febbraio, potrebbe indicare una direzione in tal senso. «Stiamo lavorando alla riduzione del portafoglio di Npl in modo da poter diventare una delle banche migliori d'Europa«, ha poi aggiunto il banchiere, confermando di voler rimanere al timone del gruppo «ancora per molti anni».
Ma è l'M&A il protagonista del dibattito. «Siamo tutti in ballo a eccezione, forse, di Intesa Sanpaolo», ha dichiarato Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm, secondo cui il risiko è pronto a ripartire nel giro di 12-18 mesi una volta chiuso il nodo Mps. Castagna non ha escluso né la possibilità di una ripresa dei colloqui con Bper, né un eventuale avvicinamento a Rocca Salimbeni una volta risanata. A chi poi gli chiedeva di un possibile matrimonio con Unicredit, Castagna ha risposto: «A noi piacerebbe creare un polo importante facendo delle aggregazioni con banche della nostra dimensione, poi siamo sul mercato, se c'è qualcuno interessato si farà avanti, altrimenti andremo avanti». «Tutto è possibile anche se per noi la priorità è portare a casa il piano», gli ha fatto eco Andrea Orcel, numero uno di Unicredit, per poi aggiungere: «Se ci sono attività che sono coerenti con l'obiettivo principale, rendono più del 10% e non fanno diminuire il ritorno per gli azionisti, le valuteremo». A escludere lo shopping è invece Giampiero Maioli, numero uno cdi credit Agricole Italia dopo le operazioni su Creval e su FriulAdria.
L'attenzione di Piazza Affari è concentrata su Carlo Cimbri, ad di Unipol visto come possibile artefice del terzo polo grazie alle partecipazioni detenute dal gruppo delle coop in Bper (il 18,9%) e in Banca Popolare di Sondrio (9% circa). «Bper farà acquisizioni se troverà una convenienza economica. Quanto a Pop. Sondrio il suo destino è nelle mani della Pop. Sondrio» ha detto il manager incalzato dalle domande degli intervenuti, pur ammettendo che, una volta completata la metamorfosi di Sondrio spa, Bper potrebbe essere un interlocutore «per continuità culturale e per le tante società prodotto in comune».
Quanto a Mps, dopo il tramonto dell'ipotesi di integrazione con Unicredit, l'ad Guido Bastianini si è detto convinto che, al termine del processo di ristrutturazione che il Tesoro (a cui fa capo il 64% di Rocca Salimbeni) sta concordano con l'Europa, la banca potrà «stare in piedi da sola o andare verso ipotesi di integrazione da una posizione molto più solida».
In dirittura di arrivo anche il nodo Carige dopo un incontro tra Salvatore Maccarone, numero uno del Fondo Interbancario di Tutela dei depositi (all'80% della banca genovese) e Fabio Panetta, membro del board della Bce.
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