A 41 anni dai primi prelievi elettronici di contante, che nel 1983 fecero sentire gli italiani più moderni, Bancomat si trasforma nella «moneta digitale di tutti gli italiani». È questo uno degli slogan che da oggi accompagna la nuova vita di Bancomat, un nome che si trova anche sulla Treccani con il significato di «circuito di servizi per il prelievo di denaro contante», ma che in realtà è una società fintech a tutti gli effetti. E che, dalla mezzanotte di ieri, ha cambiato logo per riunire in un solo brand e un'unica app tutto quello che si può e si potrà fare nell'ambito dei pagamenti: dal prelievo, al pos; dal pagamento con il QR, al trasferimento di denaro istantaneo; dai bonifici, all'ordine su Amazon. Così, sempre da oggi, vanno in soffitta sia il BancomatPay (pagamenti digitali), sia il PagoBancomat (tramite pos): tutto viene assorbito da un unico nuovo Bancomat.
Dice al Giornale Fabrizio Burlando, ceo dal giugno scorso: «La parola d'ordine è semplificazione: da oggi si farà tutto con il solo numero del cellulare. Paypal, Satispay, MasterCard, tanto per citare alcuni nomi: noi vogliamo essere tutto questo in una sola app, senza aprire un altro conto da nessuna parte e senza le 16 cifre della carta o le 27 dell'iban da utilizzare, basta il cellulare. Certo, la carta resta per tutti, ma il cliente potrà anche non volerla». Quello che però non tutti sanno è che tutti questi servizi erano già presenti in Bancomat. E con costi 2-3 volte inferiori dei concorrenti. Solo mancava una strategia univoca e, soprattutto, condivisa dai soci, cioè dalle banche da cui dipende un po' tutto: la peculiarità di Bancomat è infatti quella di connettere al circuito i clienti direttamente con i loro iban, attivi in questo o quell'istituto.
La molla è scattata con l'ingresso nel capitale del fondo Fsi di Maurizio Tamagnini, che con un aumento di capitale da 75 milioni è entrato al 42,9%, stringendo un patto parasociale con 4 grandi soci: Intesa Sanpaolo, Iccrea, Banco Bpm e Bper, insieme con Fsi, arrivano oggi al 74,7%. Ed è Fsi che ha chiamato Burlando, strappato a Mastercard, per affidargli il compito che inizia oggi (con il rebranding curato con la consulenza di Landor).
Per svolgerlo come si deve, dice Burlando, «bisogna solo fare che salgano tutti a bordo». Traduzione: le banche devono credere di più che in passato alle potenzialità della loro creatura, permettendo ai clienti di «condividere la fruizione di questi servizi» per usare le parole di Burlando.
A garanzia che ciò avvenga c'è questa volta l'investimento importante di Fsi (andato tutto in cassa con l'aumento di capitale) e il percorso che prevede entro dicembre il nuovo piano industriale pluriennale. Si parte dai 52 milioni di fatturato del 2023. E gli obiettivi di medio e lungo termine sono molto ambiziosi. Li vedremo presto.
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